Avete già sentito della vicenda che oppone BOSE al cittadino americano Kyle Zak? L’accusa è quella di rubare dati privati attraverso gli apparati audio, motivo per cui è stata intentata una class action, i cui dettagli sono stati pubblicati in questo documento.
Nei giorni scorsi se ne è parlato molto: gli avvocati incaricati da Kyle Zak sostengono che la società Bose, una delle più prestigiose nella produzione e commercializzazione di cuffie ed altoparlanti, raccoglierebbe dati privati su quando vengono usati gli apparati e su cosa si ascolta quando sono utilizzati, senza il preventivo consenso degli utenti.
Tutto questo succede attraverso la app Bose Connect, che generalmente serve per aggiornare gli apparati, ma anche per gestire i dispositivi connessi in un dato momento. Secondo gli avvocati, in realtà la app raccoglie anche informazioni su quanto viene riprodotto e per quanto tempo ed invia poi i dati a società esterne, come Segment, che poi in realtà mettono i dati a disposizione di altri soggetti per un’ulteriore rielaborazione.
Secondo gli avvocati i dati raccolti rivelano molti dettagli sulle abitudini dei clienti, ma c’è soprattutto da sottolineare il fatto che il loro cliente non avrebbe mai acquistato un prodotto di Bose se avesse saputo della raccolta dei dati effettuata dall’azienda a sua insaputa.
Fino a qui il punto di vista di colui che muove la causa. Ma la controparte cosa dice?
I legali di Bose hanno diramato informazioni abbastanza rassicuranti: l’applicazione Bose Connect chiede esplicitamente il consenso alla raccolta dati, in forma anonima, quando la app viene aperta la prima volta e vengono presentati i termini e le condizioni d’uso.
Il monitoraggio dell’utilizzo viene fatto solo ed esclusivamente attraverso la app, non ci sono meccanismi di misurazione nei dispositivi, solo ed esclusivamente nel momento in cui è aperta ed in uso.
Ma va anche aggiunto che per il funzionamento degli apparati Bose tale applicazione non è indispensabile, può essere chiusa e addirittura disinstallata senza compromettere il funzionamento di cuffie o altoparlanti.
Certo, rimane la solita vecchia questione di quanto sia corretto che i termini e le condizioni d’uso siano scritte con carattere illeggibile, siano fatti di migliaia di parole che è praticamente impossibile leggere e alla fine non rappresentano un vero aiuto per i clienti, ma questa è battaglia persa dal principio.
Continuerò ad usare le mie cuffie BOSE in tranquillità, con la certezza che nessuno scoprirà la mia passione segreta per PUPO. ?
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