Ibridi plug-in: la promessa tradita? Uno studio rivela che inquinano quasi come le auto a benzina (mistergadget.tech)
La colpa non è (solo) della tecnologia, ma di come viene utilizzata: un report di Transport & Environment evidenzia come la maggior parte dei guidatori non ricarichi i propri veicoli PHEV, annullando i benefici ambientali.
Un recente e autorevole studio getta un’ombra pesante sui veicoli elettrici ibridi plug-in (PHEV), suggerendo che, nell’uso reale, producano una quantità di inquinamento molto vicina a quella dei veicoli a benzina che dovrebbero sostituire. Lo studio è stato condotto da Transport & Environment (T&E), un’organizzazione europea leader nel campo della mobilità pulita.
Per capire la portata della scoperta, è utile ricordare cosa sia un PHEV: si tratta di un veicolo con un propulsore ibrido (sia a benzina che elettrico) e una batteria ricaricabile esternamente. Questa batteria consente al veicolo di percorrere una distanza limitata (solitamente tra i 40 e i 90 km) in modalità puramente elettrica. Una volta esaurita la batteria, l’auto passa automaticamente al motore a benzina, funzionando come un’ibrida tradizionale.
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Il divario tra teoria e realtà
L’intero concetto dei PHEV si basa su un presupposto fondamentale: che gli utenti li ricarichino ogni notte, utilizzando la batteria per la totalità (o quasi) dei loro spostamenti quotidiani. Secondo le stime di T&E, in questo scenario ideale, i PHEV dovrebbero percorrere circa l’84% dei loro chilometri in modalità elettrica.
Tuttavia, lo studio ha rivelato una realtà ben diversa. I dati reali mostrano che solo il 27% della distanza percorsa dai PHEV avviene con energia elettrica. Ciò significa che, per la maggior parte del tempo, questi veicoli non vengono ricaricati. Di conseguenza, si trasformano di fatto in veicoli con motore a combustione interna (ICE) che si portano appresso il peso morto di una grande batteria scarica, inquinando tanto quanto (se non più di) un veicolo a benzina convenzionale.
Ma i problemi non finiscono qui. Lo studio ha evidenziato un’altra criticità: anche quando utilizzate in modalità “solo elettrica”, queste auto hanno spesso una potenza insufficiente. Il motore elettrico da solo non ce la fa, specialmente in accelerazione, richiedendo l’intervento del motore a benzina per circa un terzo del tempo di guida “elettrica”. Questo non solo aumenta l’inquinamento, ma fa anche lievitare i costi del carburante per i proprietari, con una spesa aggiuntiva stimata in circa 250 euro all’anno.
Il paradosso dei PHEV: più autonomia, più inquinamento?
L’analisi di T&E ha fatto emergere un altro dato preoccupante: i PHEV con un’autonomia elettrica dichiarata più lunga tendono a inquinare ancora di più. Questo apparente paradosso si spiega facilmente: si tratta generalmente di veicoli più grandi (come i SUV), che per ospitare batterie più capienti hanno un peso a vuoto superiore del 28% e motori a combustione più potenti del 33% rispetto ai modelli più piccoli.
Quando la batteria non viene ricaricata (cosa che, come abbiamo visto, accade di frequente), ci si ritrova a guidare un veicolo molto pesante spinto da un motore a benzina sovradimensionato, con emissioni e consumi decisamente elevati.
Un’alternativa all’orizzonte: gli EREV
Lo studio ha infine analizzato una variante dei PHEV, gli EREV (Extended Range Electric Vehicles), ovvero veicoli elettrici ad autonomia estesa. Questi modelli, attualmente popolari in Cina (come la Mazda EZ-60), sono visti come una potenziale soluzione per i mercati, come quello statunitense, ancora carenti di infrastrutture di ricarica.
A differenza dei PHEV tradizionali (dove sia il motore elettrico che quello a benzina possono muovere le ruote), negli EREV il motore a benzina non ha alcun collegamento con la trazione: agisce esclusivamente come un generatoreper ricaricare la batteria quando è scarica.
Questa differenza è fondamentale. Gli EREV cinesi, infatti, montano motori elettrici molto più potenti che non richiedono alcun intervento del motore a scoppio, neanche nelle accelerazioni più decise. Inoltre, dispongono di batterie più grandi e capacità di ricarica rapida, una caratteristica che molti PHEV attuali non possiedono. Diverse case automobilistiche, tra cui Volkswagen, Stellantis e Ford, stanno valutando l’introduzione di modelli EREV per il mercato occidentale.