
Recensione Hell is Us: un'affascinante avventura a metà tra Dark Souls e Death Stranding (mistergadget.tech)
Lo studio Rogue Factor ci lancia in un mondo misterioso senza mappa né indicatori, ma la sua idea più coraggiosa è anche la sua più grande occasione mancata. Un’opera che brilla per atmosfera e direzione artistica, ma non convince fino in fondo.
+ Zone di gioco varie e piene di scorci memorabili.
+ Un comparto tecnico solido su Unreal Engine 5.
+ Un sistema di combattimento con meccaniche interessanti.
– Enigmi e puzzle poco ispirati e semplicistici.
– Un bestiario di nemici troppo limitato che porta alla ripetitività.
Da quando è stato annunciato, Hell is Us ha stuzzicato la fantasia degli appassionati di mistero e di combattimenti impegnativi. Le sue atmosfere, a metà tra la fantascienza desolata di Death Stranding e l’oscurità fantasy di un Dark Souls, hanno subito catturato l’attenzione. Ma a rendere il progetto dello studio Rogue Factor davvero intrigante è stata una promessa tanto audace quanto rischiosa per un gioco moderno: niente mappa, niente GPS, nessun indicatore di missione. Un ritorno a un design quasi dimenticato, in cui il giocatore è lasciato a se stesso.

Dopo mesi di attesa, abbiamo finalmente esplorato la terra eremita di Hadéa per una ventina di ore. Quella promessa è stata mantenuta? E, soprattutto, è riuscita a dare vita a un’esperienza davvero unica?
Indice
Un mondo senza mappa, ma dove non ci si perde mai
Hell is Us ci accoglie con un avvertimento: “Qui non ci sono mappe né indicatori. Non ti diremo mai esattamente cosa fare”. È un’apertura affascinante, che ci proietta nei panni di Rémi, un ex soldato tornato nella sua terra natale per ritrovare i genitori, senza alcuna guida. Il problema è che questa coraggiosa dichiarazione d’intenti si scontra con la realtà del level design.

L’assenza di una mappa, che doveva essere il fulcro dell’esperienza, si rivela quasi irrilevante. Le zone di gioco, per quanto varie e ben realizzate, sono quasi sempre abbastanza piccole, lineari e ben strutturate da rendere l’orientamento un compito semplice. Non ci si sente mai veramente persi, non si prova mai quel brivido di disorientamento che avrebbe dovuto essere il sale dell’esplorazione. Si tratta, a nostro avviso, di una grande occasione mancata: l’idea era eccellente, ma non è stata supportata da un level design sufficientemente complesso e labirintico da renderla significativa. I rari momenti di smarrimento sono più frutto di qualche corridoio poco chiaro che di un design intenzionale.
L’atmosfera e la direzione artistica sono il vero trionfo
Se la sua meccanica principale non convince, dove Hell is Us trionfa senza riserve è nella sua messa in scena. Il gioco brilla per un’atmosfera fantastica e una direzione artistica capace di regalare continui momenti di stupore. Il viaggio di Rémi ci porta attraverso una moltitudine di ambientazioni incredibilmente varie, un vantaggio offerto dalla sua struttura a zone separate. Non è raro passare da rovine medievaleggianti a complessi scientifici ultramoderni, da un villaggio devastato dalla guerra civile a un lago dalla bellezza mozzafiato.

Questa varietà visiva è il vero motore che spinge il giocatore ad andare avanti, sempre curioso di scoprire quale meraviglia o quale orrore si celerà dietro l’angolo successivo. Il tutto è supportato da un comparto tecnico solido, basato sull’Unreal Engine 5, che regala volti sorprendentemente dettagliati e splendidi effetti di luce, girando a 60 fps stabili su PS5.
Un sistema di combattimento solido, ma con pochi nemici
Le fasi di combattimento di Hell is Us prendono chiaramente ispirazione dai Souls-like. Ogni colpo e schivata consuma vigore, e l’approccio tattico è fondamentale. Il sistema è arricchito da alcune idee interessanti: il nostro drone può essere usato per stordire i nemici o lanciare attacchi speciali, e le armi possono essere potenziate con incantamenti.

La meccanica più riuscita è senza dubbio l’“Impulso di Guarigione”: dopo aver messo a segno una combo, premendo un tasto con il giusto tempismo è possibile recuperare una parte della salute persa, in modo simile a quanto visto in Bloodborne o Nioh. Questo incentiva uno stile di gioco aggressivo e rende gli scontri dinamici. Purtroppo, un sistema di combattimento così interessante è minato da un difetto non da poco: un bestiario estremamente limitato. Con solo una decina di tipi di mostri, che si ripetono in continuazione, la sensazione di ridondanza si fa sentire molto presto, togliendo mordente a una parte altrimenti riuscita del gioco.
Considerazioni finali
Hell is Us è il classico esempio di un titolo che osa, ma non sempre centra il bersaglio. L’idea di un mondo senza mappa né indicatori resta affascinante sulla carta, ma nella pratica non trova il giusto supporto da parte del level design. Eppure, nonostante le sue mancanze, il gioco riesce a lasciare il segno grazie a un’atmosfera magnetica, una direzione artistica capace di sorprendere di continuo e un combat system che, pur limitato da un bestiario troppo esiguo, sa regalare momenti intensi.

Rogue Factor ha gettato le basi di un universo intrigante, che meriterebbe di essere rifinito e ampliato in futuro. Se cercate un’avventura che sappia catturare l’occhio e stimolare la curiosità, Hell is Us potrebbe non essere perfetto, ma resta un viaggio che vale la pena intraprendere.