Rabbit R1: rivoluzione smart o flop annunciato?

Maria Grazia Cosso10 Maggio 2024
Rabbit R1 image

A giudicare il nuovo assistente personale portatile Rabbit R1 sono tanti recensori, che da una parte elencano le sue potenzialità e dall’altra demoliscono un’idea non ancora pronta al mercato. Vediamo insieme che caratteristiche ha questo dispositivo e a cosa può essere utile.



Nel panorama globale in cui l’Intelligenza Artificiale si sta facendo sempre più strada, dove le polemiche sul tema si affievoliscono per poi infervorarsi nuovamente e fra le mille novità, spuntano fuori dei dispositivi che puntano ad essere i primi assistenti portatili ad avere un AI a bordo. Vediamo oggi Rabbit R1, dispositivo recensito da molti e del quale non si sta esattamente parlando in maniera positiva. Scopriamo perchè.

Cosa è Rabbit R1?

Il Rabbit R1 si presenta come un dispositivo portatile con intelligenza artificiale che mira a semplificare le nostre attività quotidiane e a rivoluzionare il modo in cui interagiamo con la tecnologia. Presentato al CES (Consumer Electronics Show) 2024, questo piccolo gadget ha suscitato molto interesse e curiosità, tanto da essere soprannominato il “coniglio intelligente”. La domanda che tutti ci stiamo ponendo è: sarà in grado di mantenere le promesse e scalzare i giganti del settore come Google Assistant, Alexa e Siri?

Sicuramente Rabbit R1 si distingue per il suo design compatto e fluorescente, che ricorda un po’ le vecchie console portatili degli anni ’90. L’idea alla base è superare i vari assistenti vocali e smart e addirittura porsi come una possibile alternativa agli smartphone.

Specifiche tecniche dell’assistente digitale Rabbit R1

Con un peso di soli 112 grammi, uno schermo touchscreen da 2,88 pollici e una porta di ricarica USB-C, si può indubbiamente dire che Rabbit R1 ha del potenziale. Il dispositivo è dotato di un processore MediaTek OCTA-CORE (Helio P35) da 2,3 GHz. 4 GB di RAM e 128 GB di memoria interna, che dovrebbero garantire prestazioni fluide e reattive.

Una delle funzioni più interessanti del Rabbit R1 è la capacità di riconoscere gli oggetti tramite la fotocamera a 360° posta in alto sulla destra. Questa funzione, chiamata Vision, permette di scansionare codici a barre e QR, riconoscere oggetti e tradurre testi. Interessante si, con del potenziale (lo avevamo già detto?). Ma che al momento, date le poche informazioni di cui disponde il LAM a bordo, non consente di rispondere in maniera efficente al 100%.

Rabbit R1: rivoluzione smart o flop annunciato?

Tramite il pulsante push-to-talk è possibile effettuare le richieste vocali all’assistente. Solo tenendolo premuto. Un pò scomodo, secondo alcuni. Così come non proprio responsive ed intuitiva è la rotella scrollabile, unico accesso al menu ed alle sue varie funzioni. Nonostante lo schermo sia un touch-screen.

La batteria è da 1.000 mAh e, secondo l’azienda produttrice, è progettata per durare tutto il giorno. In tanti non la pensano così, sembra che attualmente l’autonomia sia di scarse 4 ore di utilizzo.

Per quanto riguarda le connessioni c’è il WiFi, il GPS, l’USB- C per la ricarica, lo slot per le SIM o probabilmente la possibilità di utilizzare le eSIM.Ma con le connessioni limitate al 4G LTE e il Bluetooth 5.0.

Attualmente disponibile solo in Inglese, è in programma lo sviluppo (frase che si sente ricorrere spesso quando si parla delle funzionalità di questo dispositivo) di arabo, cinese, francese, tedesco, hindi, giapponese, coreano, spagnolo, svedese.

Rabbit OS e le 3 I

Il vero fulcro di Rabbit R1 è RabbitOS, un sistema operativo in grado di essere addestrato dall’utente a svolgere diverse attività. Da quanto riportato sul sito ufficiale il funzionamento del dispositivo è caratterizzato da 3 I: Intenzione, Interfaccia e Interazione.

Con l’intenzione i vuole sottolineare ciò che l’utente sta chiedendo al device, quelle che sono le sue volontà. In questo senso Rabbit OS utilizza una memoria a lungo termine che è in grado di tradurre le richieste in azioni e risposte basate su tutte le operazioni compiute e su quelle che sono le abitudini dell’utente.

L’interfaccia rappresenta la modalità con cui il device esegue i vari compiti. Il suo punto di forza è l’osservazione dei vari processi (e delle interfacce dei vari software) e l’apprendimento che consente al tool di capire come svolgere una data azione e replicarla.

L’interazione, infine, è la modalità di funzionamento di questo Rabbit R1, un sistema in cui tutto si riduce a un dialogo con lo strumento che è in grado di comprendere ciò che gli viene detto e svolgere le proprie azioni proprio in base a questo.

Large Action Model vs Large Language Model

Come Marques Brownlee, uno dei primi tech influencer che ha ricevuto Rabbit R1 ci spiega nel suo video reviews, a bordo del dispositivo non troviamo un modello di intelligenza artificiale ‘classico’, per così dire.

Sia i Modelli Linguistici di Grandi Dimensioni (LLM) che i Modelli di Azione di Grandi Dimensioni (LAM) sono tipi di intelligenza artificiale (AI) che hanno guadagnato popolarità negli ultimi anni. Entrambi sono addestrati su grandi quantità di dati, ma hanno scopi e capacità distinti.

Gli LLM sono noti per la loro capacità di elaborare e generare linguaggio umano. Sono addestrati su enormi quantità di testo, come libri, articoli e pagine web. Questo permette loro di comprendere le sfumature del linguaggio umano e di generare testi realistici e coerenti. I LAM, al contrario degli LLM, si concentrano sull’apprendimento e sull’esecuzione di azioni nel mondo reale. Sono addestrati su grandi quantità di dati video e sensoriali, che permettono loro di comprendere l’ambiente circostante e di compiere azioni, come comandare e interagire con un app al posto nostro.

APK di Rabbit R1 già clonato: è quindi solo un app?

Nelle ultime settimane, a seguito delle prime consegne del prodotto, un articolo di Android Authority ha sollevato un acceso dibattito sul Rabbit R1. L’articolo sostiene che un team interno sia riuscito a estrarre un’applicazione Android funzionante dai file APK del dispositivo. Quest’app, se installata su uno smartphone Android, permetterebbe di replicare interamente l’interfaccia e quasi tutte le funzionalità del Rabbit R1, facendo sorgere dubbi sulla reale natura del dispositivo.

Gli informatici hanno montato il file apk su un Pixel 6a trasformandolo di fatto proprio in un Rabbit R1. Tralasciando il differente fattore di forma del display dello smartphone che taglia quindi le schermate, sembra proprio che tutto sia solo una normale app. Vision, la funzione di riconoscimento degli oggetti della fotocamera esclusa.

L’azienda non ha fatto tardare una risposta, per bocca dell’amministratore delegato Jesse Lyu. Quel che il portale ha effettuato è solo una sorta di emulatore, dice Lyu, ma per sfruttare al meglio e in modo sicuro tutte le funzioni è necessario che il sistema si colleghi sul cloud proprietario e ciò è possibile soltanto dal gadget stesso e con l’os personalizzato sfruttabile soltanto su R1. Una risposta molto diplomatica e che però soddisfa a metà, dato che questo esperimento ridimensiona un dispositivo uscito sul mercato con alcune problematiche di fondo.


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Quanto costa Rabbit R1

Il Rabbit R1 dovrebbe essere in grado di svolgere una vasta gamma di funzioni, tra cui gestione delle attività, informazione e intrattenimento, smart home. Al momento, non fa nessuna di queste. Non è dotato di un calendario, sul suo store ha attualmente solo quattro app e, come ci dimostra il buon MKBHD, sbaglia il meteo.

Il tutto per un 200 dollari. Per quanto riguarda il mercato italiano, invece, sul sito ufficiale è possibile effettuare il preordine per il dispositivo che costa 185,95 euro, a questi bisogna aggiungere però altri 13,95 euro di spedizione per un totale di 199,90 euro.

Per tutti i preordini verso i paesi esteri, il sito non riporta informazioni certe e nemmeno la data di spedizione è propriamente chiara. Con buone possibilità, comunque, già dai prossimi mesi ci saranno maggiori dettagli sull’arrivo per i mercati internazionali. Investire per provare, e semmai, poi, credere.


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