I serial returners di Amazon e del commercio elettronico: chi sono e come agiscono

Luca Viscardi13 Aprile 2022
Commercio elettronico
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Chi sono i “social returners” di Amazon e dei siti di commercio elettronico? Come si comportano e perché restituiscono i prodotti in continuazione?

Abbiamo chiesto di spiegarcelo ad Andrea Spedale, presidente di AICEL, Associazione Italiana Commercio Elettronico.

Trascrizione automatica del podcast

Luca Viscardi: La prima cosa che dovremmo fare forse è capire che cosa sono i serial returners. Ma adesso andiamo a scoprirlo, perché in realtà parliamo di tutt’altro.

Parliamo di regole del commercio elettronico che potrebbero cambiare, che forse in alcuni casi dovrebbero cambiare. Adesso andiamo ad approfondire e lo facciamo con il presidente dell’Associazione italiana del commercio elettronico che si chiama Aicel, Andrea Spedale. Andrea Buongiorno, benvenuto.

Andrea Spedale: Buongiorno, buongiorno a tutti e grazie per l’invito.

Luca Viscardi: Allora partiamo dal tema che abbiamo così presentato come il tema di oggi. Che cosa sono? Anzi, chi sono i serial returners?

Andrea Spedale: Col termine serie ritorna e si va a identificare quei consumatori e quindi quelle persone fisiche che tendono a fare acquisti online e avere un tasso di un tasso di ritorno più alto rispetto alla media normale. Ciò significa che comprano per qualche motivo e dopodiché, non soddisfatti dell’acquisto o per altri motivi, tendono a rendere il prodotto acquistato. Questa è la definizione di diritto. Il seriale è quello che lo fa in maniera proprio seriale, quindi continuativa e ripetitiva.


Luca Viscardi: Quindi sono sono persone quasi organizzate. Cioè? Ecco domanda. Cioè è facile oggi identificare se ci sono persone che lo fanno proprio quasi di mestiere. C’è un modo di riuscire ad avere una tutela rispetto a questo genere di abitudine, perché tutto sommato, se uno mette lì un piccolo gruzzoletto online, all’inizio no. Con questo meccanismo della prova ritorna e ritorna. Può andare avanti anche per un lungo periodo. Nel fare questo genere di attività?

Andrea Spedale: Assolutamente sì. È possibile identificarli. Una premessa, però, è doverosa la possibilità di reso è una tutela che è stata data dal legislatore europeo, in questo caso non solo italiano. Al consumatore, in virtù della sua e considerato parte debole nel contratto di compravendita. Quindi il legislatore nel e-commerce ha dato la possibilità al consumatore di avere un ripensamento e quindi fare un regalo.

E questo perché è, come è stato detto, il prodotto potrebbe essere diverso, ma diverso dalle aspettative. A noi piace definirlo come se c’è un ritorno. Vuol dire che qualcosa rispetto all’aspettativa, l’aspetto della realtà è cambiato. Quindi il cliente si aspetta qualcosa e il consumatore si aspetta qualcosa. Arriva qualcos’altro. Di che si crea anche il fenomeno dei segni del ritorno, che sono quindi persone che fanno un acquisto in maniera non fraudolenta ma diciamo con un intento diverso dall’acquisto in sé.

Quindi noi li abbiamo identificati in quattro macrocategorie e ovviamente per rispondere la domanda se si possono identificare, perché si analizzano i dati analizzando i dati? Analizzando i dati, noi capiamo chi non è un è alto perché c’è un altro basso. Quindi se noi riusciamo a capire quando uno rende troppo e lo rende con frequenza, ecco che non andiamo a identificare come essere a rete.

Li abbiamo divisi in quattro macrocategorie, chiamiamole così, che sono quelle che fanno gli acquisti in maniera compulsiva. Mi è piaciuto, compro io sono uno di quelli, compra qualunque cosa vede online la compra, poi magari il prodotto arriva a casa e la moglie o il marito inizia ad alzare il tiro.

Il papà o la mamma si lamentano con il ragazzo ed ecco che va beh, mi è venuto un po di crisi, lo restituisco e questo è uno delle categorie quindi di chi compra in maniera compulsiva.

E poi ha un ripensamento. Un’altra categoria, che è forse più il più interessante, sono quelli che noi abbiamo chiamato i guardarobiere, cioè quelle persone che comprano un bene per poterlo utilizzare per un breve periodo e poi restituirlo.

Fino a qualche anno fa un prodotto molto gettonato era la fotocamera si usava, si comprava una macchina digitale e si andava a fare non solo il compleanno piuttosto che il matrimonio si facevano le foto e poi si rendeva alla macchina indietro. Quindi già diciamo che in questo caso c’è più l’intento fraudolento.

Quindi io utilizzo un bene, un vestito lo indosso. Una sera lo prendo in questa maniera. Guardarobiere perché si tende a fare l’armadio dei vestiti. Questa mania? Poi ci sono. Questo è un fenomeno, invece probabilmente crescerà proprio quello che con la generazione Z che sta arrivando sono gli aspiranti influencer, quelli che noi abbiamo chiamato così.

Quindi queste persone, questi non necessariamente giovani, che acquistano il bene per fare poi magari l’outfit del giorno, la foto dell’auto del giorno piuttosto che avere la foto per Instagram queste cose acquistano il bene, fanno il loro, la loro recensione, chiamiamolo così online, dopodiché lo restituiscono perché in realtà non ne hanno bisogno.

L’ultima categoria, invece che un po più ampia, quelle che noi abbiamo chiamato gli indecisi, cioè quelle persone che magari comprano un bene di diversi colori e di diverse misure perché non sanno se gli sta bene. Non sanno quale colore preferiscono e questi lo fanno in maniera, se vogliamo, abusando un po di quello che il legislatore gli ha dato, come e come tutela. Perché sì, va bene comprare e rendere. Bisogna sempre tener conto che un reso, per chi noi che vendiamo è un costo, è un costo sotto molti punti di vista.

Luca Viscardi: Ecco, c’è da dire Andrea, che qui c’è un difficile equilibrio da trovare, perché da un lato c’è l’equilibrio di tutelare, appunto chi acquista. Perché diciamo che, come in tutti i fenomeni, anche in un fenomeno che cresce come quello del commercio elettronico, poi c’è sempre chi cerca la strada, magari per rifilare la classica scatola con i mattoni che una volta si trovava in autogrill e adesso si rischia di comprare online. C’è da dire è semplicemente spostato il campo di gioco, ma diciamo che le abitudini rimangono molto simili. Dall’altro, però, c’è un tema proprio, come dice più degli operatori, di un tema di costi, di un tema di sostenibilità. Tra l’altro, se vogliamo, anche mandando questi pacchi in giro avanti indietro un sacco di volte, è anche un tema di sostenibilità ambientale, per cui ecco come si fa a cercare un equilibrio in tutti questi pesi contrapposti.

Andrea Spedale: L’equilibrio va cercato sempre partendo dall’analisi dei dati. Sembra banale, ma è sempre lì la questione. Cioè, capendo il perché abbiamo reso noi, possiamo poi attivare noi venditori. Possiamo attivarci per cercare di diminuire. Quindi andare a ridurre quello che abbiamo chiamato prima. L’aspettativa è diversa rispetto alla realtà, quindi mettendomi ad esempio fotografie, molte fotografie molto, molto dettagliate, andiamo ovviamente a togliere quella che può essere la parte di difficoltà di riconoscere il prodotto. Una cosa che si sta usando molto sono anche le recensioni fatte dallo stesso consumatore, quindi che ci manda la foto del capo indossato piuttosto che dell’apertura del pacco. Una foto reale tende a far capire meglio qual è qual è il prodotto, quindi da questo punto di vista si può fare molto. Va fatto molto perché il problema della sostenibilità è un problema molto sentito oggi anche da parte di noi venditori, perché gli imballi ogni volta vengono rifatti. I trasporti sono inquinamento, sono costi sociali. Quindi, oltre al costo che abbiamo noi venditori per ripristinare il prodotto, per rimettere in circolazione, che probabilmente poi viene rimesso, magari come prodotto scontato, quindi a un margine per noi più basso. Ovviamente c’è tutto il discorso dei costi che non emergono immediatamente, che non sono in capo al venditore ma vanno in capo alla società. Pensiamo allo smaltimento del cartone piuttosto che della scatola o della plastica o delle chips, quelle che noi chiamiamo le patatine per non fare danneggiare il prodotto. Pensiamo ai movimenti che il vettore fa avanti e indietro con queste scatole continuamente. Questi sono costi che vanno su tutta la società, quindi anche lì la cosa migliore forse è fare cultura, cultura a noi venditori e cultura anche sui consumatori. Cioè è un diritto sacrosanto. Io sono il primo difensore di questo diritto, quindi il diritto di ripensamento ci deve essere, ma non deve essere abusato. Forse bisogna ritornare un po a quella che era la ratio per la quale il legislatore lo ha pensato. Cioè deve essere proprio in quel momento. Io ho il diritto di ripensamento perché non riesco ad apprezzare il bene per la sua interezza e quindi lo rendo utilizzare un bene e poi renderlo sicuramente non era previsto dal legislatore. Provare a comprare cinque capi diversi di cinque colori, perché poi mi scelgo il colore o la taglia. Non era probabilmente pensato in questa maniera dal legislatore bisogna intervenire.

Luca Viscardi: Volete anche un equilibrio, magari con una qualche stretta in più in termini di di diciamo. Non dico di penalizzazione, però magari di costi anche che possono essere sostenuti per il ritorno, potrebbe sicuramente ridurre il fenomeno, che probabilmente è uno dei pochi filtri pratici che si possono mettere alla fine. E lo e lo dico io che sono consumatore perché a volte.

Andrea Spedale: È assolutamente così, assolutamente così. A volte sono le politiche commerciali che mettiamo in atto noi venditori che incentivano il riso del consumatore, cioè rendere un rendere un un prodotto senza costi. Ovviamente mi rende più facile il reso. Se io consumatore ho un prodotto che lo devo rendere, ma devo fare l’imballo e devo fare la scatola, devo pagare il trasporto di ritorno. Probabilmente sono più attento a fare l’acquisto da monte, perché so che può avere un costo da sostenere per il ritorno.

Luca Viscardi: Allora parlavamo di una questione europea? No, perché questa è quella tutela che da 14 giorni è una regola europea. Mi viene da chiedere noi ci guardiamo sempre un po male, guardiamo noi stessi un po male. Pensiamo sempre di essere i peggiori come siamo messi a livello di ritorno rispetto al resto d’Europa.

Andrea Spedale: Anche qui i dati sono abbastanza discordanti. Nel senso una cosa che sicuramente si è visto, che si vede, che si evince dai dati è che più ci spostiamo verso nord, quindi verso il nord dell’Europa, maggiore sembrerebbe essere il tasso di ritorno, quindi è sicuramente quindi legato a questo punto non più legato a una questione normativa, perché in Europa siamo tutti uguali, oggi è ovviamente più elevato e più legato a un fatto culturale. Quindi probabilmente spostandoci cambiano le dinamiche, cambiano i ragionamenti, cambiano i modi di fare. Probabilmente sia anche diversi dal punto di vista proprio della cultura di anni, anni di storia che abbiamo alle spalle, insomma.

Luca Viscardi: E poi, invece, per quanto riguarda le tipologie di prodotto che vengono restituite di più, ci sono dei prodotti che incidono di più in questo genere di abitudine.

Andrea Spedale: Assolutamente sì. L’abbigliamento è uno di questi. L’abbigliamento si presta molto a essere reso. In questo caso siamo nelle quattro macrocategorie che abbiamo visto prima. Siamo molto gli indecisi, quindi, che non sanno la taglia se gli va bene la vestibilità come sta il colore? Come sta? Quindi ecco che ci sono acquisto cinque beni, ne prendo quattro, quindi questo fa sì che aumentino molto i tassi di ritorno per il vestiario e si nota invece molto poco per beni lobbistici o pseudo industriali. Chiamiamole così, quindi un acquisto di una ferramenta, di un prodotto di ferramenta a meno resi a un tasso di riso più basso rispetto a quello dell’abbigliamento, sicuramente c’entra molto, anche influisce molto anche quello che è il valore dello scontrino medio sul tasso di reso. Quindi, paradossalmente, all’aumentare del valore di acquisto è minore l’incidenza di reso. Quindi significa che è proprio una questione di come ci si approccia alla questione del riso. E anche vero che quando qualcuno fa un acquisto più importante magari si documenta molto di più prima di fare l’acquisto. Quindi magari ecco che cerca più informazioni, non cerca più fotografie e cerca più dati. Quindi un acquisto, magari meno di pancia, ma più di testa e più consapevole. E quando arriva all’acquisto ha già maturato tutto il percorso e quindi, se non trova dall’altra parte un’offerta che non sia reale e che quindi è un venditore scorretto, non c’è motivo di fare il resto.

Luca Viscardi: Ti faccio un’ultima domanda Andrea che riguarda Alice, ovvero la vostra Associazione italiana del commercio elettronico? A che tasso di maturità siamo in Italia con il commercio elettronico?

Andrea Spedale: Da due anni a questa parte siamo maturati tanto sia noi, i venditori, soprattutto i consumatori. Diciamo che uno dei forse è sbagliato dire uno dei vantaggi, ma una delle poche cose che la pandemia ha apportato è stata quella di una maggiore consapevolezza del canale online. Quindi il consumatore lo vede oggi, mentre prima lo vedeva principalmente come l’acquisto del risparmio, quindi dell’offerta, la convenienza. Oggi l’e commerce è stato visto anche come servizio alla persona, quindi la possibilità di avere più tempo poi per le proprie attività. Quindi acquisto online? Non devo girare magari per troppi negozi e ho più tempo. Di contro i venditori hanno migliorato di molto le offerte. La qualità dell’offerta migliorata molto. Sta migliorando moltissimo anche l’attenzione verso i temi che prima erano meno sentiti, tipo quello della sostenibilità che abbiamo parlato prima. Una nostra indagine ci dimostra che oltre il 70% dei nostri venditori riutilizza gli imballi, quindi c’è molta attenzione a non sprecare il materiale, l’imballo, quindi, quindi c’è molta più più consapevolezza e maturità in questo senso.

Luca Viscardi: E poi faccio un’ultima domanda che riguarda invece proprio l’evoluzione del lavoro nel commercio elettronico perché, come giustamente dicevi tu qualche anno fa, era una sorta di battaglia no del commercio brik mortar tradizionale con il commercio elettronico. Poi c’è stata una sorta di diciamo ritorno del commercio tradizionale per cercare di cavalcare il commercio elettronico. Oggi sembra quasi che il commercio elettronico possa diventare fortemente complementare con il retail tradizionale. Meno magazzino, ma più facile la logistica. Sembra che si stia da questo punto di vista andando verso un modello più maturo.

Andrea Spedale: Assolutamente sì, è proprio così. Noi lo stiamo cercando di da anni, di far capire che non esiste una guerra fra retail e fra il tradizionale e on line. Anzi ci sono dei canali che devono essere assolutamente complementari. Uno aiuta l’altro. In che senso? Pensiamo, mettiamoci nei panni quando facciamo un acquisto on line o facciamo un acquisto nel negozio. Intendiamo non fare più differenza fra comprare in negozio. Probabilmente vado on line, vedo il prodotto, poi magari il passo del negozio di casa aspetta quello che ho visto online e prova in negozio a vederlo o viceversa. Entri in negozio, lo provo, poi magari lo compro online. Quindi, come? Come consumatori, tendiamo a non differenziare più il canale. Quindi per noi a noi interessa soddisfare un bisogno. Quando compriamo, quindi comprarlo online, comprare un negozio è abbastanza relativo. Dall’altra parte bisogna che i venditori tradizionali e l’on line iniziano a dialogare di più perché ci possono essere delle sinergie. Non necessariamente deve avere tutti i canali aperti come singolo, però posso fare degli accordi magari fra un negozio di quartiere. Lo posso fare magari con un’attività on line e cercare di trovare delle sinergie, perché non è detto che io non possa vendere un prodotto, consegnarlo in negozio o viceversa. Io non ho un negozio e mi appoggio al venditore che ce l’ha on line.

Luca Viscardi: Certo, quindi è un modello in forte evoluzione che abbiamo visto. La possibilità? Sicuramente un’accelerazione molto forte in questi giorni e in questi anni, quindi dobbiamo aspettarci ancora novità molto interessanti anche in futuro. Grazie intanto ad Andrea Spedale, che è il presidente dell’Associazione Italiana del Commercio Elettronico e grazie. Buon lavoro è un saluto voi serial corner che non siete altro. La prossima volta che cliccate per comprare un prodotto sono valutate anche tutte le implicazioni che ci sono quando si fa un ritorno. Intanto Andrea grazie mille, buona giornata.

Andrea Spedale: Grazie a voi! Grazie!


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