crisi memorie RAM (mistergadget.tech)
La crisi delle RAM del 2025 è diversa da chip shortage: produttori riallocano verso HBM alto margine. Prezzi DRAM/NAND crescono, smartphone conservativi, AI PC rischiano obsolescenza
La crisi della RAM è un tema che negli ultimi mesi ha iniziato a emergere con sempre maggiore frequenza nelle analisi di mercato e nelle comunicazioni degli operatori della filiera dei semiconduttori. Un problema che non riguarda solo i produttori, ma che rischia di avere effetti concreti su smartphone, computer portatili, PC desktop e server, con ricadute dirette su prezzi, disponibilità e cicli di aggiornamento dei dispositivi. Nel mondo consumer, la memoria RAM rappresenta uno dei componenti chiave per prestazioni, longevità e capacità di gestire software sempre più complessi. Quando la catena di approvvigionamento entra in tensione, le conseguenze non si limitano ai listini dei produttori, ma finiscono per riflettersi sull’intero ecosistema tecnologico.
Squilibrio domanda-offerta dopo sovrapproduzione 2022-2023
Con l’espressione crisi RAM si fa riferimento a una combinazione di fattori che sta riducendo l’equilibrio tra domanda e offerta di memorie DRAM e NAND. Dopo un lungo periodo di sovrapproduzione che aveva portato a un crollo dei prezzi tra il 2022 e il 2023, i principali produttori hanno ridotto in modo significativo la capacità produttiva. Questa scelta, inizialmente difensiva, ha cambiato rapidamente lo scenario. Nel 2024 e nel 2025 la domanda è tornata a crescere, spinta dall’espansione dell’intelligenza artificiale, dal rinnovo dei data center e dal progressivo aumento delle dotazioni di memoria nei dispositivi consumer. Il risultato è un mercato più rigido, con disponibilità limitata e prezzi in risalita.
Differenze sostanziali con chip shortage 2020-2023
Nel contesto attuale, è utile confrontare l’odierna crisi RAM con la carenza globale di chip vissuta tra il 2020 e il 2023, per evidenziarne le sostanziali differenze. La crisi del 2020 era un fenomeno sistemico e logistico: la pandemia, i lockdown e le tensioni geopolitiche avevano bloccato l’intera catena di approvvigionamento, creando un “imbuto” che colpiva indiscriminatamente processori, sensori per auto e controller. In quel caso, la domanda superava l’offerta ovunque a causa di interruzioni esterne.
La crisi RAM attuale (2025) invece è selettiva e strutturale. Non deriva da fabbriche chiuse o navi ferme, ma da una precisa scelta industriale. I grandi produttori (Samsung, SK Hynix, Micron) hanno volontariamente riallocato la capacità produttiva, i wafer di silicio disponibili, verso le memorie per l’intelligenza artificiale (HBM) e i data center, che garantiscono margini di profitto nettamente superiori. Mentre nel 2020 la soluzione era “aspettare che la logistica ripartisse”, oggi il consumatore si scontra con una scarsità pianificata: la RAM per PC e smartphone è diventata un prodotto di “serie B” per le fonderie rispetto alle forniture per i grandi Hyperscaler.
Cause strutturali: riallocazione verso memorie alto margine
Alla base della crisi della RAM non c’è un singolo evento, ma una serie di elementi convergenti. I grandi produttori, tra cui Samsung Electronics, SK hynix e Micron, hanno rallentato gli investimenti in nuovi impianti dopo le perdite registrate negli anni di eccesso di offerta. Allo stesso tempo, una parte consistente della produzione è stata riallocata verso memorie ad alto margine destinate a server e acceleratori AI. A questo si aggiungono fattori geopolitici e industriali.
Le tensioni commerciali tra Stati Uniti e Cina hanno reso più complessa la pianificazione delle forniture, mentre le restrizioni sulle esportazioni di tecnologie avanzate hanno inciso sulla distribuzione globale dei chip. Anche la concentrazione produttiva gioca un ruolo chiave: una quota rilevante della produzione mondiale di RAM dipende da pochi stabilimenti localizzati in aree geografiche specifiche, con margini ridotti di flessibilità.
Effetto domino su SSD e storage NAND Flash
Sebbene l’attenzione sia concentrata sulla RAM, la crisi non risparmia il comparto dello storage. Le memorie NAND Flash, utilizzate negli SSD, condividono con le DRAM gran parte della filiera produttiva e delle materie prime. La strategia dei produttori di tagliare l’output per sostenere i prezzi ha coinvolto anche questo settore: il risultato è un rincaro parallelo delle unità a stato solido. Per l’utente finale, questo significa che il costo complessivo di un nuovo computer o di un server non lieviterà solo a causa della memoria volatile, ma anche per lo spazio di archiviazione, rendendo doppiamente onerosi gli aggiornamenti infrastrutturali e l’assemblaggio di nuove macchine.
Smartphone: configurazioni conservative
Nel settore mobile, la crisi si traduce in scelte più conservative da parte dei produttori di smartphone. L’aumento dei costi delle memorie LPDDR4X e LPDDR5 incide direttamente sul bill of materials, soprattutto nella fascia media. Per contenere i prezzi finali, alcuni modelli potrebbero mantenere configurazioni di memoria invariate più a lungo, rallentando il passaggio a quantitativi superiori. Questo aspetto ha conseguenze pratiche sull’esperienza d’uso. Applicazioni sempre più pesanti, sistemi operativi ricchi di funzionalità e un uso crescente dell’AI on-device richiedono più RAM per funzionare in modo fluido.
In risposta all’aumento dei costi dei componenti, stiamo assistendo a una forma di shrinkflation applicata all’hardware. Invece di aumentare i prezzi di listino, i produttori potrebbero optare per compromessi strutturali. Questo si traduce nella saldatura dei moduli RAM direttamente sulla scheda madre anche su laptop di fascia business o gaming, eliminando gli slot SO-DIMM per l’espansione futura. Se da un lato questa scelta riduce i costi di produzione e gli spessori, dall’altro azzera la riparabilità e l’aggiornabilità del dispositivo.
Paradosso AI PC: dispositivi “nati vecchi”
C’è un paradosso latente nell’attuale scenario: proprio mentre l’industria spinge verso i cosiddetti “AI PC” (computer ottimizzati per l’intelligenza artificiale locale, come Copilot+ o Apple Intelligence), la crisi della RAM rischia di immettere sul mercato dispositivi “nati vecchi”. L’elaborazione locale dell’IA richiede un quantitativo di memoria unificata elevato, spesso 16GB è considerato il nuovo minimo. Tuttavia, la pressione sui costi potrebbe spingere i brand a mantenere gli 8GB come standard d’ingresso ancora per molto tempo. Acquistare oggi un dispositivo con dotazione limitata significa precludersi l’accesso alle funzionalità software più avanzate che verranno rilasciate nel prossimo biennio.
Le analisi di mercato indicano che la crisi potrebbe protrarsi almeno fino al 2026, con un graduale riequilibrio solo in presenza di nuovi investimenti produttivi e di una stabilizzazione della domanda. Per consumatori e aziende, questo contesto richiede maggiore attenzione nella scelta dei dispositivi e una pianificazione più accurata degli aggiornamenti hardware.