Oakley Meta Vanguard sono pensati principalmente per l'attività sportiva (mistergadget.tech)
Tre anni fa avreste riso all’idea di indossare occhiali smart per correre. Due anni fa li avreste considerati un gadget per nerd. Oggi, dopo una settimana con gli Oakley Meta Vanguard, il concetto non fa più ridere. Fa riflettere.
Perché questi occhiali non sono l’ennesimo esperimento fallito di ficcare tecnologia dove non serve. Sono il primo tentativo riuscito di creare uno strumento che sostituisce tre dispositivi senza farti sentire un cyborg in giro per strada. Occhiali da sole con lenti Oakley Prizm. Cuffie open-ear che non ti isolano dal traffico. Action cam stabilizzata che registra il tuo punto di vista. Il tutto in 66 grammi che dopo dieci minuti ti dimentichi di avere addosso.
Il prezzo è importante: 549 euro per la versione con lenti Prizm 24K, quelle giallo-oro che Meta ha scelto come modello iconico. Non è una cifra leggera, ma se sommate quanto costa un paio di occhiali tecnici Oakley, una GoPro entry level e un paio di cuffie da running decenti, ci siete già. La differenza è che qui tutto è integrato, sincronizzato e pensato per non farti perdere tempo.
Sono partito con le classiche perplessità, indotte da alcune cose lette sul dispositivo. Meta che vuole sapere dove corro e quanto sudo. Pulsanti posizionati male che attivano la musica ogni volta che ti sfili gli occhiali. Autonomia da monitorare con il contagocce se giri troppi video. Tutte cose vere, tutte criticità realistiche. Eppure dopo la prima uscita la domanda non era più “ma a cosa servono?”. Era “come ho fatto finora senza?”.
Posizione pulsanti da rivedere e autonomia sotto stress, ma il potenziale è enorme. Software Meta sorprendentemente raffinato. Un prodotto che convince chi parte scettico.
+ Integrazione nativa con Garmin
+ Stabilizzazione video eccellente
+ Software Meta ben fatto
+ Peso e vestibilità da occhiali normali
– Autonomia limitata con uso intenso video
– Nessuna opzione per lenti graduate
– Impossibile scattare foto/video in orizzontale
– Prezzo importante
Indice
- Design e costruzione: Oakley prima di tutto
- I controlli: comodi, ma in alcuni casi un po’ frustranti
- Fotocamera e video: qui la sorpresa vera
- Audio: sorprendentemente potente
- Integrazione Garmin: il game changer per gli sportivi
- Software Meta AI: la sorpresa più grande
- Autonomia: dipende da come si usano
- Per chi sono (davvero) questi occhiali
- Il futuro è più vicino di quanto sembri
- Verdetto finale
Design e costruzione: Oakley prima di tutto
La prima cosa che noti quando apri la custodia è che questi sono occhiali Oakley. Punto. La tecnologia è nascosta talmente bene che se non fosse per il modulo fotocamera centrale, sembrerebbero un normale paio di occhiali sportivi della linea performance.
La montatura wraparound segue il DNA classico del marchio: lente unica avvolgente, fit a tre punti con naselli intercambiabili (inclusi nella confezione tre set per altezze diverse), aste dritte che terminano con inserti in Unobtainium per grip anche con sudore. Il peso dichiarato è 66 grammi, e li senti tutti… per i primi cinque minuti. Poi ti dimentichi di averli addosso.
La certificazione IP67 non è roba da poco. Significa che puoi correre sotto la pioggia, sudare copiosamente in salita e pedalare nel fango senza preoccuparti. Abbiamo testato gli occhiali in condizioni meteo pessime e non hanno mai avuto un cedimento. La costruzione è solidissima, con materiali che non hanno nulla da invidiare agli Oakley tradizionali da 200 euro.
Le lenti Prizm sono disponibili in quattro varianti: 24K (quella giallo-oro più scenografica), Road (arancione per ciclismo), Black (grigio scuro per sole intenso) e Sapphire (blu specchiato). Sono tutte polarizzate e intercambiabili, anche se i kit di ricambio costano 85 dollari. La tecnologia Prizm ottimizza contrasto e nitidezza in base alle condizioni di luce, ed effettivamente la differenza con occhiali generici si nota, specialmente all’alba o al tramonto quando la luce è più difficile.
I controlli: comodi, ma in alcuni casi un po’ frustranti
Sul lato destro trovate tre controlli. Due pulsanti fisici sotto l’asta: il più grande per foto (un tap) e video (pressione lunga), il più piccolo programmabile per azioni custom tramite app. Poi c’è il touchpad laterale per volume e riproduzione musica.
I pulsanti fisici funzionano benissimo. Sono grandi, ben posizionati, si premono anche con guanti da ciclismo leggeri. Il touchpad invece è il tallone d’Achille del sistema. Ogni volta che infili o togli gli occhiali, la mano sfiora inevitabilmente il sensore laterale e parte la musica. O si mette in pausa. O salta al brano successivo. La latenza di 1-2 secondi peggiora tutto, perché tendi a toccare di nuovo pensando che non abbia registrato il comando. Risultato: loop infinito di play/pausa che ti fa venire voglia di lanciare gli occhiali.
È un difetto di design, non di abitudine. Dopo una settimana di test quotidiani, il problema si presenta ancora puntualmente. Meta dovrebbe o spostare il touchpad o implementare un sistema di rilevamento che disabiliti i comandi nei secondi immediatamente dopo che gli occhiali vengono indossati.
Fotocamera e video: qui la sorpresa vera
Il modulo fotocamera centrale ospita un sensore da 12 megapixel con lente ultra-wide da 122 gradi. Registra video fino a 3K (3024 × 4032 pixel) a 30fps, 1080p a 60fps e slow motion 720p a 120fps. Sulla carta, numeri inferiori rispetto a una GoPro Hero di fascia alta. Nella pratica, la differenza è meno drammatica di quanto pensiate.
La stabilizzazione è straordinaria. Non c’è gimbal meccanico, tutta l’elaborazione avviene via software dopo che i video vengono caricati nell’app Meta AI tramite WiFi. Il risultato però è paragonabile a quello di action cam con stabilizzazione hardware. Abbiamo girato video in mountain bike su sterrato, in corsa su sentieri e in bici da strada a 50 km/h: l’immagine resta fluida, senza scossoni fastidiosi.
La prospettiva in prima persona è il vero valore aggiunto. Riprendi esattamente quello che vedi, con le mani libere. Niente da montare sul casco, niente aste che sporgono, niente peso extra. Per cycling vlog, running diary o semplicemente per catturare un momento senza tirare fuori il telefono, questi occhiali sono imbattibili.
La qualità dell’immagine di giorno è ottima, con colori vividi e dettaglio buono. Di sera o con luce scarsa le cose peggiorano rapidamente: il sensore piccolo non fa miracoli e il rumore digitale emerge prepotente. Ma per l’uso diurno sportivo, che è il 95% degli scenari reali, la resa è più che soddisfacente.
C’è però una limitazione curiosa: non si possono scattare foto o girare video in orizzontale. Tutto è verticale, in formato smartphone. Per ottenere un’inquadratura orizzontale devi letteralmente togliere gli occhiali e ruotarli di 90 gradi. È una scelta deliberata di Meta per privilegiare la condivisione su Instagram e TikTok, ma stride con l’approccio sportivo del prodotto. Se stai documentando un’uscita in bici, vuoi il formato landscape, non il ritaglio verticale.
Audio: sorprendentemente potente
Gli speaker open-ear integrati nelle aste sono sei decibel più potenti rispetto al modello precedente Oakley Meta HSTN. Traducendo: si sentono benissimo anche a velocità sostenute in bici o corsa. Abbiamo testato l’audio in discesa a 60 km/h e la musica arrivava chiara, senza distorsioni.
Il rovescio della medaglia è che chi ti sta vicino sente la tua playlist. Non è un problema durante un’attività sportiva all’aperto, diventa imbarazzante se li usi sui mezzi pubblici o in spazi chiusi. Inoltre, proprio perché gli speaker non sono in-ear, tendono a coprire tutti i rumori ambientali quando il volume è alto. In corsa su strada con traffico, questo è un problema di sicurezza reale. Ci sono volute un paio di uscite per trovare il bilanciamento giusto tra sentire la musica e percepire le auto che sorpassano.
L’integrazione con Spotify, Apple Music, Amazon Music e altri servizi è immediata. Dici “Hey Meta, play [artista/album/playlist]” e in 3-5 secondi parte la riproduzione. Il riconoscimento vocale funziona bene fino a circa 30 km/h, poi il vento copre troppo e Meta AI fatica a capire. Per cambiare traccia o alzare il volume usi lo swipe sul touchpad laterale, quando non lo attivi per sbaglio.
Le chiamate sono gestite bene da entrambi i lati. L’array di cinque microfoni con riduzione del rumore vento fa un ottimo lavoro nel trasmettere la voce in modo intelligibile anche in movimento. Chi chiama non si accorge che stai correndo o pedalando, a meno che tu non stia ansimando pesantemente.
Integrazione Garmin: il game changer per gli sportivi
Se hai un dispositivo Garmin compatibile, gli Oakley Meta Vanguard passano da “occhiali smart interessanti” a “strumento indispensabile per chi documenta i propri allenamenti”. L’integrazione è profonda e ben realizzata, merito di un lavoro congiunto serio tra Meta e Garmin.
Il funzionamento è semplice. Scarichi l’app Connect IQ Meta sul tuo Garmin (watch o ciclocomputer), la colleghi all’app Meta AI sullo smartphone e i due ecosistemi iniziano a parlarsi. Durante l’attività sportiva, i dati del Garmin vengono registrati in tempo reale. A fine sessione, quando metti gli occhiali nella custodia e questi si connettono al WiFi, i video e le foto vengono sincronizzati nell’app Meta AI insieme ai dati dell’allenamento.
A quel punto puoi scegliere qualsiasi clip e aggiungere overlay grafici con le metriche: velocità istantanea, velocità media, distanza totale, dislivello, frequenza cardiaca, potenza (per chi ha sensori compatibili). Scegli quali dati visualizzare, salvi il video e lo condividi direttamente su Instagram, Strava o altre piattaforme.
La chicca è l’autocapture, anche se nella pratica si rivela meno utile del previsto. Quando l’autocapture è attivo, gli occhiali scattano automaticamente foto o brevi video in momenti che l’algoritmo ritiene “significativi”: picchi di frequenza cardiaca, traguardi di distanza, cambi di ritmo. Il problema è che l’intelligenza artificiale sbaglia quasi sempre, catturando immagini di auto parcheggiate o marciapiedi anonimi invece del panorama mozzafiato in cima alla salita. È una funzione con grande potenziale che necessita ancora di parecchio lavoro.
La vera comodità è poter dire “Hey Meta, what’s my heart rate?” durante una corsa e ricevere istantaneamente la risposta vocale. O chiedere il passo medio, i chilometri percorsi, la potenza media. Senza guardare il polso, senza rallentare, senza perdere concentrazione. Per sessioni intense o gare, questo fa la differenza.
Piccola nota dolente: al momento l’overlay delle metriche non supporta ancora tutte le unità di misura. Abbiamo avuto problemi a visualizzare i dati in chilometri invece che in miglia, nonostante tutte le impostazioni fossero corrette. Meta ha confermato di essere al lavoro per semplificare questa gestione.
Software Meta AI: la sorpresa più grande
Ammettiamolo: quando pensi a Meta, non pensi esattamente a software ben fatto e rispettoso della privacy. Eppure l’app Meta AI che governa questi occhiali è sorprendentemente raffinata.
L’interfaccia è pulita, intuitiva, senza fronzoli. La galleria dei contenuti si organizza automaticamente per data e attività sportiva (se hai collegato Garmin o Strava). La sincronizzazione WiFi in background funziona senza intoppi: metti gli occhiali nella custodia a casa e dopo pochi minuti foto e video sono pronti nell’app, con stabilizzazione già applicata.
C’è poi l’assistente vocale Meta AI, che risponde a richieste generiche come qualsiasi chatbot del 2025. “Hey Meta, che tempo farà domani?”, “Hey Meta, converti 10 miglia in chilometri”, “Hey Meta, imposta un timer di 5 minuti”. Funziona, anche se la vera utilità in ambito sportivo resta limitata.
Più interessante è la traduzione in tempo reale: attivi la funzione dall’app, e Meta traduce simultaneamente la conversazione che stai ascoltando. Abbiamo testato la funzione a un evento con relatori in spagnolo e ha funzionato sorprendentemente bene, anche se richiede di tenere l’app aperta in primo piano sullo smartphone.
Sul fronte privacy, Meta ti chiede i permessi standard: accesso alla fotocamera, al microfono, ai dati di posizione. Puoi rifiutare quello che vuoi, ma alcune funzioni smetteranno di funzionare. Tutti i contenuti vengono caricati sui server Meta per l’elaborazione e la stabilizzazione, non c’è modo di scaricare i file grezzi collegando gli occhiali al computer. È il prezzo da pagare per avere un sistema che “funziona e basta” senza configurazioni manuali.
Chi ha paura di condividere troppo con Meta può limitare drasticamente cosa l’app può vedere e tracciare, ma è un processo che richiede attenzione. Di default, Meta vuole sapere praticamente tutto. Con cinque minuti di oculata gestione dei permessi, si riesce a mantenere un controllo decente sui propri dati.
Autonomia: dipende da come si usano
Meta dichiara 9 ore di uso misto con 30 interazioni con l’AI, 13 foto, 5 video da 90 secondi, hyperlapse da 10 minuti, 30 minuti di autocapture, 17 messaggi, 30 notifiche, 120 minuti di audio e 5 minuti di chiamate. Nella pratica reale, queste cifre sono ottimistiche.
Con un uso intenso – video in 3K da 3 minuti ciascuno, autocapture attivo, musica in sottofondo – l’autonomia crolla a circa 90 minuti. Per un’uscita in bici di 4-5 ore con uso moderato (qualche video breve, niente musica continua), si arriva in fondo senza problemi.
La custodia funge da power bank e aggiunge 36 ore di carica totale. La ricarica rapida è efficace: in 20 minuti recuperi il 50% della batteria. Ma serve pianificazione. Se vuoi fare un’uscita lunga documentando tutto, devi o moderare la quantità di riprese o portarti dietro la custodia e ricaricare durante le pause.
Il problema vero è che non puoi caricare gli occhiali direttamente. Non c’è porta USB-C sul device, l’unico modo è infilarli nella custodia. Questo significa che se sei in viaggio e vuoi caricare occhiali e telefono insieme, devi portare due cavi. È una scelta di design discutibile che complica la vita senza un reale vantaggio.
Per chi sono (davvero) questi occhiali
Gli Oakley Meta Vanguard non sono per tutti. Costano 549 euro, richiedono uno smartphone compatibile sempre in tasca, e ti legano all’ecosistema Meta. Se queste tre cose ti fanno storcere il naso, puoi anche fermarti qui.
Sono perfetti per chi corre o pedala e vuole documentare le proprie uscite senza montare action cam sul casco o portarsi dietro un gimbal. Per chi usa già Garmin e vuole integrare metriche e video senza complicarsi la vita. Per chi apprezza la comodità di ascoltare musica senza cuffie in-ear ma vuole comunque sentire il traffico.
Sono ottimi anche per chi fa sport di squadra o outdoor activities dove avere le mani libere è fondamentale: mountain bike, trail running, sci (anche se qui servirebbero lenti diverse), arrampicata leggera. La fotocamera in prima persona cattura angolazioni impossibili per uno smartphone tradizionale.
Non sono invece ideali per chi cerca un’action cam professionale con controllo totale su esposizione, frame rate e bitrate. Non sono adatti a chi vuole girare video lunghi senza preoccuparsi della batteria. E certamente non sono la scelta giusta per chi detesta l’idea di condividere i propri dati con Meta.
Il futuro è più vicino di quanto sembri
La vera rivelazione di questi occhiali non sono le specifiche tecniche o l’integrazione software. È il fatto che dopo tre giorni di test non pensi più “sto usando degli occhiali smart”. Pensi “ho documentato quella salita fantastica” oppure “che bello non dover estrarre il telefono per rispondere”.
Il limite maggiore resta l’impossibilità di montare lenti graduate. Oakley e Meta promettono che ci stanno lavorando, ma per ora se porti occhiali da vista devi scegliere: o vedi bene, o usi i Vanguard. Speriamo arrivi presto una soluzione, perché sta escludendo una fetta enorme di potenziali utenti.
Gli altri difetti – pulsanti touch troppo sensibili, autonomia limitata, assenza di formato landscape – sono tutti risolvibili con aggiornamenti firmware o modifiche al design della prossima generazione. Il punto è che questa prima generazione funziona già abbastanza bene da farti intravedere il potenziale enorme di questa categoria.
Immaginate questi occhiali con lenti graduate, autonomia raddoppiata e un paio di sensori biometrici integrati. Immaginate la possibilità di sovrapporre dati in tempo reale tramite un piccolo display heads-up. Non è fantascienza, è l’evoluzione naturale di questo prodotto. E considerando quanto è migliorato il primo tentativo rispetto ai precedenti flop del settore, l’attesa per la seconda generazione è già altissima.
Verdetto finale
Al prezzo ufficiale di 549 euro, gli Oakley Meta Vanguard rappresentano un investimento importante per un prodotto di prima generazione con difetti evidenti. Ma sono anche il primo paio di occhiali smart sportivi che ha senso davvero comprare e usare ogni giorno.
Chi cerca uno strumento professionale per girare video da pubblicare su YouTube troverà limitazioni frustranti. Chi cerca un gadget per vantarsi con gli amici rimarrà deluso quando scoprirà che nessuno nota che indossi occhiali tech. Ma chi cerca un modo comodo, efficace e relativamente poco invasivo per documentare le proprie attività sportive senza appesantirsi di accessori, qui trova la risposta.
Sono passato dallo scetticismo iniziale alla convinzione che tra due-tre anni vedremo questi occhiali su tantissimi runner e ciclisti. Quando Meta e Oakley risolveranno il tema delle lenti graduate e affineranno i dettagli fastidiosi, il mercato esploderà. Per ora siamo agli early adopters, ma l’adozione di massa non è lontana.
Il bello di cambiare idea è scoprire che avevi torto a essere scettico.