 
Recensione Vampire: The Masquerade - Bloodlines 2: un universo magnifico, un gioco deludente (mistergadget.tech)
Dopo anni di attesa e uno sviluppo travagliato, il sequel del GDR cult arriva con una scrittura solida, ma crolla su tutto il resto, dal combat system ai meccanismi RPG.
+ Interessante dualità narrativa con Phyre e Fabien
+ Atmosfera notturna di Seattle visivamente piacevole
+ Alcuni poteri vampirici interessanti
+ Personaggi ben doppiati
– Gameplay di combattimento ripetitivo, molle e caotico
– Progressione del personaggio quasi assente
– Una Seattle vuota e amorfa
– Meccaniche RPG superficiali o inesistenti
– Dualità narrativa sfruttata male
– Rispetto della Masquerade incoerente
– Boss e varietà dei nemici deludenti
Dopo quasi vent’anni di attesa spasmodica, Vampire: The Masquerade – Bloodlines 2 cerca di resuscitare l’universo cult del Mondo di Tenebra, tra intrighi politici vampirici e poteri soprannaturali. Nel 2004, il compianto studio Troika Games ci consegnò un gioco di ruolo ancora oggi venerato, un “capolavoro imperfetto” dall’atmosfera impareggiabile, capace di adattare l’universo cartaceo di White Wolf con una scrittura raffinata e una libertà di scelta quasi sconfinata.
Il percorso del suo sequel, tuttavia, è stato a dir poco tormentato. Annunciato nel 2019 sotto la guida di Hardsuit Labs, il progetto è sprofondato in un ciclo di rinvii, cancellazioni e riprogettazioni totali che hanno portato alla rimozione degli autori principali. Alla fine, il testimone è passato nelle mani di The Chinese Room (noti per Dear Esther e Amnesia: A Machine for Pigs), uno studio celebrato per la sua narrativa, ma forse non il più adatto a gestire un RPG d’azione così complesso. E, purtroppo, il risultato finale lo dimostra.
(Test realizzato su una versione PS5. Non sono stati riscontrati problemi di performance degni di nota.)
Indice
Un risveglio promettente in una Seattle morta
In Bloodlines 2, si impersona un Antico vampiro, “Phyre”, che si risveglia da un lungo torpore in una Seattle contemporanea. Scopre che un misterioso marchio sulla sua mano ne limita i poteri, che restano comunque formidabili. I primi minuti sono piacevoli: possiamo planare tra i tetti e sfrecciare per le strade, restituendo un ottimo feeling di potenza vampirica.
L’elemento narrativo più interessante è l’introduzione di una seconda coscienza che infesta la mente di Phyre: Fabien, un detective vampirico del clan Malkavian. Questo dualismo ci porta a vivere flashback nella Seattle degli anni ’20, indagando sul suo stesso omicidio. Sulla carta, la complementarità tra i due protagonisti funziona: Phyre è aspro e potente, Fabien più posato e sarcastico.
 
Il problema è il mondo che li circonda. The Chinese Room mette in scena una Seattle sotto la neve, addobbata per Natale, ma è una splendida decorazione coperta di bianco, tanto affascinante quanto frigida e amorfa. Le strade sono popolate da PNG dalle facce congelate e dalle discussioni artificiali, e da senzatetto che ripetono la stessa richiesta di spiccioli ogni dieci passi. Questa non è l’unica pecca: durante i tre quarti del gioco, potrete incontrare solo cinque luoghi distinti in una città che aveva molto di più da offrire. Avrete la costante impressione di rivisitare gli stessi bar e locali notturni, e purtroppo non è solo un’impressione.
Perfino l’abile dualità narrativa viene sprecata: Fabien si ritrova spesso a visitare gli stessi identici luoghi già percorsi da Phyre, ritrovando i medesimi PNG bloccati nella stessa posizione. Un’occasione mancata per sfruttare le due epoche e i due personaggi.
Scrittura da manuale, scelte insignificanti
Se c’è una cosa in cui Bloodlines 2 eccelle, è la scrittura. Phyre si risveglia in un contesto politico tumultuoso, con la Camarilla indebolita e altre fazioni in ascesa. Navigare tra intrighi di potere, segreti sepolti e lotte tra clan è senza dubbio il punto di forza dell’esperienza. Si riconosce la mano esperta di The Chinese Room: l’atmosfera è opprimente, i personaggi sono ben doppiati e la scrittura è solida.
 
Tuttavia, anche qui emergono i primi problemi. I personaggi, seppur ben recitati, scadono spesso in stereotipi ridicoli: dalla nerd goffa palesemente innamorata di noi al poliziotto sarcastico uscito da un film noir. Ascoltarli resta la parte più divertente del gioco, prima che ci mandino a compiere l’ennesima missione di consegna o assassinio priva di mordente.
E le scelte di dialogo? Ci sono, ma il loro impatto è così aneddotico da dimenticarsene. Non aspettatevi conseguenze reali alle vostre decisioni: offendere un Principe vampiro non porterà a nulla di significativo e le reazioni che susciterete saranno quasi sempre superflue.
La vera bestia nera: combattimento e meccaniche RPG
Il difetto che affossa l’intera produzione risiede nel gameplay. La vera bestia nera di Bloodlines 2 è il suo level design generico e i suoi combattimenti dolorosi, che non offrono quasi mai una variazione strategica. Il combattimento in mischia si riduce a premere un singolo tasto per colpire e poi schivare, in un loop estremamente molle e noioso.
Eppure, le idee c’erano. I poteri vampirici sono interessanti: i Tremere usano dardi di sangue, i Toreador possono ammaliare i nemici, e i Ventrue possono persino possederli per farli combattere tra loro. Phyre ha anche la telecinesi per afferrare armi a distanza. Fabien, invece, può leggere nel pensiero e far parlare i morti per sbloccare indizi.
 
Si potrebbe immaginare una grande varietà tattica, ma il gameplay privilegia quasi esclusivamente il combattimento in mischia, rendendolo ripetitivo e caotico. Anche l’approccio furtivo si risolve quasi sempre in una rissa confusa contro nemici tutti uguali e boss poco ispirati.
A dare il colpo di grazia è l’assenza di progressione. Phyre è già super-potente dopo pochi minuti e si evolve pochissimo, impedendo qualsiasi senso di crescita. Le meccaniche da gioco di ruolo sono così scarse che ci si dimentica che dovrebbero essere parte integrante del gioco. La scelta del clan all’inizio influenza a malapena lo stile di combattimento o la difficoltà, che rimane comunque basilare.
Considerazioni finali
Vampire: The Masquerade – Bloodlines 2 è il classico caso di occasione sprecata. The Chinese Room riesce a costruire un’atmosfera densa e suggestiva, una Seattle cupa e nevosa che trasuda mistero e malinconia, ma non basta a tenere in piedi un gioco che manca di sostanza.
 
La narrazione, pur solida e ben recitata, resta intrappolata in missioni banali, scelte di poco peso e un gameplay incapace di restituire la potenza o la raffinatezza dei clan vampirici che rappresenta. Dopo anni di promesse e rinvii, il ritorno nel Mondo di Tenebra si trasforma così in un’esperienza frustrante: affascinante da guardare, ma fiacca da giocare. Bloodlines 2 non è un disastro totale, ma nemmeno l’erede che il titolo cult del 2004 meritava. È un vampiro che si aggira nella notte, bellissimo e malinconico, ma privo del sangue che dovrebbe farlo davvero vivere.
 
 
 
