
Recensione Ghost of Yotei: un open world magnifico per un'eredità pesante (MisterGadget.tech)
Cinque anni dopo l’incredibile successo di Ghost of Tsushima, Sucker Punch torna nel Giappone feudale con un sequel spirituale ambizioso, che evolve l’esplorazione in modi sorprendenti ma si dimostra troppo conservativo sul fronte del gameplay e della narrazione.
+ Un mondo aperto vivo, vario e che incentiva l’esplorazione organica
+ Le missioni secondarie e il sistema di taglie sono un netto passo avanti
+ La sensazione di vivere una vera avventura è palpabile
+ Una longevità notevole (oltre 50 ore per il completamento)
– Un sistema di combattimento troppo simile a quello di Ghost of Tsushima
– Tecnicamente incostante, con alcuni elementi al di sotto degli standard attuali
Sono passati cinque anni da quando Ghost of Tsushima ha conquistato il cuore di milioni di giocatori, diventando uno dei titoli di punta dell’era PlayStation 4. L’eredità lasciata dall’avventura di Jin Sakai è enorme, e le aspettative per il suo successore spirituale, Ghost of Yotei, in uscita il 2 ottobre 2025 in esclusiva su PS5, sono alle stelle. In questo nuovo capitolo diciamo addio all’onorevole samurai per dare il benvenuto ad Atsu, una mercenaria spietata e tormentata, mossa da un unico, bruciante desiderio: vendicare la sua famiglia, massacrata da un gruppo di fuorilegge noto come i “Sei di Yotei”.
Sucker Punch è riuscita a superare se stessa? Dopo decine di ore trascorse nelle gelide e affascinanti terre di Ezo, abbiamo il nostro verdetto.
Indice
Una vendetta dal sapore familiare
La storia di Ghost of Yotei si apre su una premessa narrativa tanto classica quanto potente: la vendetta. Sebbene il tema non sia dei più originali, l’introduzione del gioco è a dir poco folgorante. La messa in scena e la colonna sonora evocano le atmosfere del cinema western classico, con suggestioni che ricordano persino Quentin Tarantino, e ci hanno fatto letteralmente venire i brividi. Durante le prime ore, abbiamo avuto la netta sensazione di trovarci di fronte a un potenziale capolavoro, un “grande gioco” sulla scia di The Last of Us o Red Dead Redemption 2.

Purtroppo, con il progredire della storia, questa audacia iniziale lascia il posto a uno sviluppo più convenzionale. La caccia ai Sei di Yotei, pur rimanendo un racconto avvincente con alcuni colpi di scena ben orchestrati, manca di mordente e coraggio. Abbiamo intuito la conclusione con largo anticipo, trovandola fin troppo saggia e consensuale. Nonostante ciò, la scrittura si mantiene su buoni livelli e le missioni principali offrono una discreta varietà, pur rimanendo ancorate ai due pilastri dell’esperienza: le fasi di azione e quelle di infiltrazione.
L’evoluzione del mondo aperto, tra Zelda e Elden Ring
Se la trama non lascia un segno indelebile, la vera, indiscussa protagonista di Ghost of Yotei è la sua mappa di gioco. Abbandonando la rigida divisione in tre atti di Tsushima, Sucker Punch ha optato per una struttura “semi-aperta” molto più libera e dinamica. Il mondo è composto da una vasta area centrale che funge da hub, dalla quale si può accedere a diverse “sacche” più piccole e autonome, ognuna dedicata alla caccia di uno dei Sei di Yotei.
Questa struttura non solo funziona, ma rappresenta una splendida evoluzione. Lo studio lascia al giocatore una libertà quasi totale nell’esplorare e nell’affrontare gli obiettivi nell’ordine che preferisce. Tuttavia, abbiamo notato una certa disparità qualitativa: le “sacche” secondarie appaiono meno ispirate e artisticamente meno definite rispetto alla magnifica zona centrale.

È proprio nell’hub principale che il gioco mostra i muscoli, traendo ispirazione dai maestri del genere. L’esplorazione ricorda da vicino quella di The Legend of Zelda: Breath of the Wild ed Elden Ring, un’influenza pienamente ammessa dagli sviluppatori. Sucker Punch ci regala panorami mozzafiato, supportati da una distanza visiva impressionante che segna un netto passo avanti rispetto a Tsushima. E questi panorami non sono solo un piacere per gli occhi: grazie a un nuovo strumento, il “disfono”, Atsu può scrutare l’orizzonte, identificare punti di interesse e marcare obiettivi a distanza, proprio come con la tavoletta Sheikah. L’invito è chiaro: osservare il mondo, non la mappa. Per spostarsi, torna poi l’iconica guida del vento.
Un combattimento solido, ma fin troppo timido
Atsu non è una samurai e il suo stile di combattimento lo riflette. Oltre alla katana, nel corso dell’avventura è possibile sbloccare altre quattro armi opzionali: doppie katane, una lancia (yari), un kusarigama e una grande spada (odachi). Le cinque armi funzionano in modo simile alle posture di Tsushima, seguendo una logica da “morra cinese”: ogni arma è più efficace contro un determinato tipo di nemico, spingendo il giocatore a un cambio continuo e strategico.

Il sistema di combattimento di Sucker Punch brilla ancora una volta per la sua precisione e la sua brutalità. Piazzare una parata perfetta o una schivata all’ultimo istante per poi contrattaccare è incredibilmente appagante. Tornano anche gli iconici duelli uno contro uno e gli scontri. Tuttavia, è proprio qui che si annida la nostra delusione più grande: il sistema è rimasto sostanzialmente invariato rispetto al predecessore. Avremmo desiderato un passo avanti più coraggioso, un’evoluzione più marcata. Le fasi di infiltrazione, in particolare, sembrano non aver fatto alcun progresso. Le poche novità, come la possibilità di lanciare armi raccolte sul campo o l’introduzione di un moschetto, sono apprezzate ma non bastano a rinnovare un’esperienza che sa troppo di già visto.
Splendore e limiti tecnici su PS5
Dal punto di vista tecnico, Ghost of Yotei è un gioco a due facce. Da un lato, è capace di regalare scorci di una bellezza rara, con una direzione artistica che impone rispetto e una natura vibrante che reagisce al vento e agli agenti atmosferici. Dall’altro, quando ci si sofferma sui dettagli, mostra il fianco a diverse criticità. I modelli 3D dei personaggi secondari e le loro animazioni risultano spesso rigidi e datati, e gli interni degli edifici appaiono spogli.

Su PS5 è possibile scegliere tra una modalità Qualità a 30 fps, una con Ray Tracing (sempre a 30 fps) e una Prestazioni a 60 fps. Su PS5 Pro, una modalità dedicata combina Ray Tracing e 60 fps.
Considerazioni finali sulla nuova esclusiva targata PlayStation Studios
Ghost of Yotei non è il capolavoro assoluto che le sue magnifiche prime ore lasciano presagire, ma è un’opera di straordinario valore, un sequel spirituale che vive di un affascinante paradosso. Da un lato, Sucker Punch dimostra un coraggio e una visione ammirevoli nel reinventare il suo mondo aperto, abbandonando le convenzioni per abbracciare una filosofia di esplorazione organica e libera che lo proietta nell’Olimpo del genere. Dall’altro, si dimostra sorprendentemente timido, quasi reverenziale, nel toccare il sistema di combattimento e la struttura narrativa, che pur essendo solidissimi, mancano di quell’evoluzione capace di trasformare un gioco eccellente in un’esperienza indimenticabile.

Il risultato è un’avventura visivamente sontuosa, vasta e incredibilmente appagante da esplorare, ma che lascia con l’amaro in bocca per ciò che avrebbe potuto essere. Ghost of Yotei è una scommessa sicura e un acquisto imprescindibile per chi ha amato Tsushima e per ogni appassionato di action-adventure, ma non è il nuovo punto di riferimento che speravamo.