
Spotify contro la musica generata con l'IA (mistergadget.tech)
Spotify introduce metadati obbligatori e nuove regole contro cloni e deepfake AI. Stop agli abusi, ma nessun divieto totale.
Spotify ha deciso di intervenire in maniera più decisa sul fenomeno delle canzoni create con l’intelligenza artificiale, ormai in costante crescita sulla piattaforma. L’azienda non ha intenzione di vietarle, ma introdurrà strumenti di identificazione chiari e nuove regole contro l’uso improprio di queste tecnologie.
Spotify: metadati obbligatori per i brani generati con l’IA
Il cuore della novità riguarda l’introduzione di nuovi metadati, sviluppati in collaborazione con DDEX, azienda specializzata in standard digitali per l’industria musicale.
Questi dati aggiuntivi indicheranno in che misura l’IA è stata impiegata durante la creazione del brano. Potrà trattarsi di un supporto tecnico, come il mixaggio o il mastering assistito, oppure della generazione diretta di contenuti, come linee strumentali o parti vocali.

Ad oggi non è chiaro quando lo standard entrerà in vigore, ma Spotify ha confermato che almeno 15 etichette e distributori musicali hanno già aderito. La novità richiederà aggiornamenti nei protocolli di distribuzione, con un processo che potrebbe durare mesi.
Stop ai cloni e ai deepfake musicali
Parallelamente, la piattaforma aggiorna il proprio regolamento contro lo spam, includendo anche i contenuti creati con IA che imitano autori, musicisti o cantanti esistenti. I cosiddetti deepfake musicali finiranno quindi sotto la stessa categoria di frodi e truffe.
Spotify prevede di introdurre una versione aggiornata del suo sistema anti-spam nelle prossime settimane. Già oggi, il sistema esistente ha portato alla rimozione di 75 milioni di tracce negli ultimi dodici mesi, perché non rispettavano gli standard qualitativi richiesti.
Negli ultimi mesi erano emerse accuse secondo cui Spotify avrebbe riempito alcune playlist con brani generati in proprio grazie all’IA, con l’obiettivo di ridurre le royalty pagate agli artisti. L’azienda ha smentito in modo categorico queste voci, ribadendo che non produce direttamente musica, né basata sull’IA né con altri strumenti.

Il dibattito sulla musica generata con l’intelligenza artificiale resta aperto. Da un lato, l’IA offre strumenti creativi sempre più potenti; dall’altro, rischia di alterare il mercato e danneggiare gli artisti in carne e ossa. Spotify sembra aver scelto una linea intermedia: non vietare, ma regolare.
L’efficacia di queste misure dipenderà dalla loro applicazione concreta e dalla collaborazione dell’intera industria musicale. Se i metadati saranno adottati in modo uniforme, gli utenti potranno distinguere facilmente un brano tradizionale da uno prodotto con AI.