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Meta sotto accusa: presunti ostacoli alla ricerca sulla sicurezza dei minori in VR

Quattro informatori accusano Meta di ostacolare gli studi interni sugli effetti della realtà virtuale sui minori. L’audizione al Senato USA mette l’azienda sotto pressione.

Un gruppo di ex e attuali dipendenti di Meta torna a puntare il dito contro l’azienda guidata da Mark Zuckerberg. Secondo quanto riportato dal Washington Post, la società avrebbe limitato o bloccato diversi studi interni relativi ai rischi che i prodotti di realtà virtuale potrebbero comportare per bambini e adolescenti. Le nuove accuse finiscono oggi direttamente sul tavolo del Senato statunitense, con un’audizione ufficiale della Commissione Giustizia.

Meta: le denunce degli informatori

A sollevare il caso sono quattro whistleblower, rappresentati dalla non-profit Whistleblower Aid, già nota per aver assistito in passato Frances Haugen, la più famosa ex dipendente Meta che rese pubblici documenti interni. Le fonti affermano che, dopo lo scandalo delle fughe di notizie, il team legale dell’azienda avrebbe adottato un controllo preventivo sulle ricerche condotte dai Reality Labs, arrivando in certi casi a bloccarne la pubblicazione.

L’oggetto di questi studi riguardava in particolare l’esposizione dei più giovani alle piattaforme Horizon Worlds e ai visori VR, con l’obiettivo di individuare eventuali impatti psicologici o comportamentali negativi. Secondo gli informatori, la preoccupazione di Meta sarebbe stata quella di evitare che risultati critici potessero minare la reputazione della società o frenare lo sviluppo della sua strategia legata al metaverso.

Meta ha respinto con decisione le accuse, definendole una “narrazione predeterminata” che non riflette la realtà. Un portavoce ha dichiarato che dal 2022 sono stati approvati circa 180 studi condotti dai Reality Labs su temi sociali, compresi quelli legati alla sicurezza dei minori. La società sottolinea inoltre che da queste ricerche sono nati strumenti concreti, come le funzioni di supervisione parentale, e che i visori VR sono pensati per utenti dai 13 anni in su.

Secondo l’azienda, quindi, non ci sarebbe stata alcuna intenzione di insabbiare la ricerca. Tuttavia, le testimonianze dei dipendenti rafforzano il sospetto che il controllo esercitato dal comparto legale abbia rallentato o limitato il lavoro degli stessi ricercatori.

Il nuovo caso si inserisce in una fase particolarmente delicata per Meta. Lunedì scorso l’ex responsabile della sicurezza di WhatsApp ha avviato una causa separata, accusando la società di aver trascurato problemi legati alla privacy degli utenti. Le accuse dei whistleblower sui rischi della realtà virtuale ampliano così il fronte delle contestazioni e potrebbero riaccendere il dibattito sulla responsabilità delle big tech nei confronti dei minori.

Il tema non è nuovo: già negli anni passati, diversi esperti avevano sollevato dubbi sull’impatto delle esperienze immersive sui giovanissimi, in particolare per quanto riguarda la gestione del tempo online, il rischio di dipendenza e l’esposizione a contenuti inappropriati.

L’audizione al Senato

L’incontro fissato al Senato USA porta un titolo esplicito: “Danni nascosti: esaminare le accuse dei whistleblower secondo cui Meta ha ostacolato la ricerca sulla sicurezza dei bambini”. Durante la seduta, i membri della Commissione Giustizia avranno modo di interrogare testimoni e discutere le nuove rivelazioni.

Per i legislatori americani si tratta di un’occasione per valutare non solo il comportamento di Meta, ma anche il quadro normativo che regola la protezione dei minori nei contesti digitali e immersivi. Negli ultimi mesi, infatti, si è intensificata la discussione su un eventuale rafforzamento delle leggi a tutela degli utenti più giovani.

Un futuro incerto per la VR di Meta

Le accuse non cambiano il percorso tracciato da Meta, che continua a investire nella realtà virtuale e nel metaverso. Tuttavia, se confermate, potrebbero intaccare la credibilità dei progetti legati a Horizon Worlds e ai visori Quest, già sotto osservazione da parte di associazioni e autorità di regolamentazione.

Per ora non ci sono prove documentali rese pubbliche, ma la coincidenza con l’audizione odierna rende evidente che la questione è considerata rilevante a livello politico. Resta da capire se emergeranno ulteriori elementi a sostegno delle accuse e se l’azienda sarà costretta a introdurre nuove garanzie sulla trasparenza delle ricerche.

Massimo Colombo

Senior manager con una profonda conoscenza editoriale, del mondo della comunicazione tradizionale e digitale. Per quasi trent’anni ha lavora nei principali gruppi editoriali italiani occupandosi, per tutti i media, prevalentemente di marketing, comunicazione e pubblicità. E’ stato Advertising Director A. Mondadori Editore, Chief Marketing Officer del Gruppo Editoriale L’Espresso, CEO di Publikompass Spa, Revenue e Communication Manager di Itedi (Editrice de La Stampa e Il Secolo XIX), General Manager del Gruppo Sole 24 Ore e CEO di 24 Ore Cultura. Consapevole del valore e del potenziale delle startp innovative, è Mentor per l’incubatore online Startup Builder di Startup Geeks e Business Angel di Italian Angel for Growth – IAG.

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