
ChatGPT prompt al giorno (mistergadget.tech)
ChatGPT gestisce 2,5 miliardi di prompt giornalieri: una crescita impressionante, tra sfida a Google, utenti gratuiti, costi elevati e nuovi modelli di monetizzazione.
ChatGPT è diventato uno strumento centrale nella vita quotidiana digitale di milioni di persone in tutto il mondo. Secondo i dati riportati da Axios e confermati da OpenAI, il modello linguistico gestisce ogni giorno oltre 2,5 miliardi di prompt, con una quota significativa, circa 330 milioni, proveniente dagli Stati Uniti. Il volume complessivo delle richieste annuali si aggira attorno a 912,5 miliardi, una cifra che colloca l’AI di OpenAI tra i servizi digitali più utilizzati a livello globale.
L’uso di ChatGPT cresce a ritmi impressionanti: più di 2,5 miliardi di prompt ogni giorno
La crescita di ChatGPT è evidente anche nel confronto con i motori di ricerca tradizionali. Nonostante Google registri ancora un volume annuale di circa 5.000 miliardi di ricerche, i numeri di ChatGPT sono ancora più significativi se si considera la giovane età della piattaforma, lanciata alla fine del 2022. L’accelerazione è evidente: tra dicembre 2023 e marzo 2024, gli utenti settimanali sono passati da 300 a 500 milioni, mentre nel 2025, anche grazie all’introduzione della generazione di immagini, si è toccata quota un miliardo.
L’adozione mobile e l’integrazione in servizi aziendali hanno giocato un ruolo chiave. L’evoluzione delle funzionalità multimodali ha reso lo strumento ancora più versatile, spingendo milioni di utenti a utilizzarlo quotidianamente. Il cambiamento non è solo numerico ma strutturale: le ricerche testuali stanno progressivamente lasciando spazio alle interazioni generative.
Un browser AI in arrivo per competere con Chrome
In un contesto di crescita continua, OpenAI si prepara a una nuova mossa strategica. Secondo quanto riportato all’inizio di luglio da Reuters, l’azienda starebbe sviluppando un browser web basato sull’intelligenza artificiale, pronto a competere direttamente con Google Chrome. L’operazione potrebbe rappresentare un cambio di paradigma nell’accesso all’informazione digitale, con un browser capace di elaborare e sintetizzare contenuti attraverso un’interfaccia conversazionale.
Solo una piccola percentuale degli utenti paga per ChatGPT
Nonostante l’enorme base di utenti, il modello di business di ChatGPT si basa ancora in larga parte su servizi gratuiti. Il 95% dei 122 milioni di utenti giornalieri utilizza la versione free, un dato che, pur confermando la popolarità dello strumento, evidenzia le difficoltà nel monetizzare su larga scala. Uno studio di Menlo Ventures ha rilevato che il 97% degli utenti di AI generative utilizza esclusivamente i piani gratuiti, sia per ChatGPT che per concorrenti come Google Gemini o Claude di Anthropic.
La situazione apre due scenari: da un lato un potenziale enorme ancora da sfruttare, dall’altro la necessità di trovare un modello sostenibile in grado di supportare i costi elevati di gestione.
I costi enormi dello sviluppo e della manutenzione delle AI
Mantenere una piattaforma come ChatGPT comporta costi significativi. Servono investimenti enormi per il personale specializzato, per i data center e per le risorse infrastrutturali che ne garantiscono il funzionamento. Le AI consumano grandi quantità di energia e acqua, soprattutto per il raffreddamento dei sistemi. Nonostante le potenzialità, i costi restano una delle sfide principali per la sostenibilità a lungo termine del settore.
Negli ultimi anni, le aziende hanno investito in modo massiccio. Solo nel 2025 si stimano oltre 300 miliardi di dollari di spesa globale nel settore dell’intelligenza artificiale. A gennaio, OpenAI ha lanciato il progetto Stargate, un piano pluriennale da 500 miliardi di dollari per sostenere la propria infrastruttura. Anche Meta ha annunciato investimenti da “centinaia di miliardi” per nuovi data center dedicati all’AI.
ChatGPT resta il punto di riferimento tra i chatbot
Con una base quotidiana di 122 milioni di utenti, ChatGPT mantiene il vantaggio competitivo di essere stato il primo modello a imporsi sul mercato. Tuttavia, solo il 5% degli utenti giornalieri paga per il servizio. È una quota superiore alla media del settore, ma ancora insufficiente a garantire la sostenibilità economica dell’intero progetto.
I piani offerti da OpenAI sono tre: la versione gratuita, il piano Plus da 23 euro al mese, e il piano Pro da 229 euro al mese, con accesso a modelli più avanzati. Anche altri operatori, come Google e Anthropic, seguono una logica simile, con costi mensili compresi tra 20 e 90 dollari. Tuttavia, la spesa mensile elevata per i piani più avanzati rappresenta una barriera per molti utenti occasionali.
Chi paga? Professionisti, curiosi e creatori di contenuti
A sottoscrivere gli abbonamenti a pagamento sono soprattutto programmatori, professionisti digitali, ricercatori e utenti molto interessati alle funzionalità avanzate come la generazione di immagini e video. La maggior parte degli utenti si limita invece al piano base, che offre prestazioni ritenute sufficienti per le attività quotidiane, come scrittura, risposte rapide, riepiloghi e traduzioni.
Questa asimmetria tra utenti attivi e utenti paganti obbliga le aziende del settore a ripensare i modelli di monetizzazione, alla ricerca di soluzioni più flessibili e redditizie.
La nuova frontiera della pubblicità nelle AI
Secondo Menlo Ventures, la vera opportunità economica per il futuro non saranno gli abbonamenti, ma la pubblicità e l’affiliate marketing. I chatbot potrebbero cominciare a inserire inserzioni tra le risposte, oppure promuovere prodotti e servizi con link affiliati, guadagnando una percentuale sulle transazioni. Un modello simile a quello dei siti web tradizionali, ma adattato alla dinamica conversazionale delle AI generative.
Questo approccio rappresenta una possibile svolta per monetizzare servizi che oggi vengono offerti quasi esclusivamente in forma gratuita.
I “Companions” cambiano il rapporto tra utente e AI
Un altro settore emergente riguarda la relazione personale tra utente e AI. Aziende come Meta e xAI, la startup fondata da Elon Musk, stanno sperimentando chatbot “Companions”: avatar animati o personalità virtuali progettate per instaurare conversazioni private e intime con l’utente. Alcuni esempi recenti includono Ani, una ragazza ispirata agli anime giapponesi, e Rudi, un panda rosso destinato a un pubblico di bambini.
Questi strumenti si propongono non tanto per svolgere compiti, quanto per tenere compagnia e intrattenere. Un approccio che si ispira a esperienze come Replika e Character.AI, piattaforme che hanno attirato milioni di utenti, ma anche numerose critiche per l’assenza di meccanismi di sicurezza adeguati.
Il rischio della mancanza di guardrail
L’uso personale e intimo delle AI solleva anche problemi etici e di sicurezza. Lo scorso anno, Character.AI è finita al centro di una vicenda drammatica: un ragazzo di 14 anni si è tolto la vita dopo aver discusso a lungo dei suoi problemi psicologici con un chatbot, che non ha mai suggerito di contattare uno specialista o interrompere la conversazione.
Episodi del genere mostrano quanto sia urgente dotare i chatbot di guardrail efficaci, capaci di prevenire abusi, dipendenze o situazioni pericolose. Mentre le AI diventano sempre più centrali nella vita delle persone, la responsabilità etica degli sviluppatori sarà determinante.