
Recensione Donkey Kong Bananza: il re della giungla conquista Switch 2? (mistergadget.tech)
Il nuovo capitolo platform di Nintendo, sviluppato dal team di Super Mario Odyssey, è un’avventura densa, colorata e divertente che rinnova la formula senza stravolgerla. Ma è davvero quel capolavoro travolgente che serve a giustificare l’acquisto di una nuova console?
+ Donkey Kong è agile, potente e soddisfacente da controllare.
+ Level design verticale e denso che premia l’esplorazione.
+ Le trasformazioni “BANANZA” sono creative e ben integrate.
+ Direzione artistica colorata e d’impatto.
+ Un sound design eccellente e incredibilmente gratificante.
+ Accessibile a tutti i tipi di giocatori, anche in co-op.
– Boss poco ispirati e troppo facili.
– Mancano veri momenti “wow” e idee rivoluzionarie.
– Colonna sonora dimenticabile e non all’altezza delle premesse.
– La telecamera a volte fatica nelle situazioni più caotiche.
Ogni nuova console Nintendo porta con sé un’eredità pesante e un’aspettativa quasi messianica: quella per il “system seller”, il gioco capace non solo di definire un’era, ma di convincere milioni di giocatori a compiere il grande passo verso un nuovo hardware. Con il lancio di Switch 2, questo fardello cade sulle possenti spalle di Donkey Kong, che torna protagonista con Donkey Kong Bananza, un’avventura in esclusiva sviluppata nientemeno che dal team di Nintendo EPD che ha dato i natali al capolavoro Super Mario Odyssey.
Il pedigree, insomma, è di quelli che fanno tremare i polsi. E dopo aver passato decine di ore a scavare, saltare e fare a pugni nelle viscere del pianeta, possiamo dirlo: Bananza è un gioco eccellente, un concentrato di puro divertimento Nintendo. Eppure, non è quel capolavoro generazionale che ci si aspettava. È un’avventura che sceglie la sicurezza di una formula consolidata piuttosto che il rischio di una rivoluzione, un primo, solido passo per la nuova console, ma non il balzo epocale che avrebbe potuto essere.
Indice
Una discesa nel cuore del pianeta tra musica e banane
La premessa narrativa di Bananza è tanto semplice quanto deliziosamente assurda. Donkey Kong, nella sua perenne e insaziabile ricerca di banane, si imbatte in Pauline, qui reimmaginata come un’adolescente energica e amante della musica. Un incontro fortuito con una misteriosa pietra parlante e una tempesta improvvisa li scaraventa letteralmente nelle profondità della Terra. L’obiettivo è duplice: fermare i piani di un nuovo, oscuro rivale di nome Void Kong e, più prosaicamente, trovare un modo per tornare a vedere la luce del sole.
La relazione tra il gorilla brontolone e la ragazza esuberante è il cuore pulsante di una narrazione leggera ma efficace. I dialoghi sono brillanti e l’alchimia tra i due si sviluppa soprattutto nei rifugi, piccoli hub sicuri dove Pauline, tra una canzone e una riflessione, approfondisce la lore del mondo sotterraneo. Peccato che la struttura della trama principale cada presto in una certa ripetitività. La formula “raggiungi un nuovo strato, trova i tre artefatti, sconfiggi il boss” si ripete come un disco rotto, con guardiani spesso riciclati e combattimenti finali che raramente mettono alla prova il giocatore. La campagna si completa in una decina di ore di corsa, ma la vera anima del gioco risiede nell’esplorazione, che porterà via almeno il triplo del tempo a chiunque voglia scoprire ogni segreto, con i completisti che possono aspettarsi un’avventura da oltre cinquanta ore.

Il mondo di gioco è un’ingegnosa struttura a strati. Ogni livello di profondità (-100m, -200m, ecc.) è un bioma a sé stante, con un’identità visiva e un’architettura uniche, dalla laguna cristallina alle colline verdeggianti, fino a grotte incandescenti. Il level design è il fiore all’occhiello della produzione: i livelli sono densi, estremamente verticali e costruiti come complessi parchi giochi che premiano la curiosità e l’esplorazione approfondita.
Gameplay: un ciclo di distruzione, scoperta e trasformazione
Controller alla mano, Donkey Kong Bananza è una gioia. DK è pesante ma incredibilmente agile, capace di arrampicarsi, scattare, surfare e, soprattutto, prendere a pugni l’ambiente con una soddisfazione quasi catartica. Il ciclo di gameplay è immediato e senza fronzoli: si esplora, si individuano crepe o punti deboli nell’ambiente e si distrugge tutto per trovare collezionabili. Il gioco non rallenta mai il ritmo con menu macchinosi; si concatenano le azioni senza tempi morti, in un flusso di esplorazione e distruzione che funziona a meraviglia e crea dipendenza.
Il vero fulcro ludico, però, risiede nelle trasformazioni “BANANZA”. Mangiando banane speciali, DK può trasformarsi temporaneamente in diversi animali, ognuno con abilità uniche: la zebra corre velocissima su terreni fragili, lo struzzo può planare per superare ampi baratri, e così via. Queste trasformazioni non sono semplici potenziamenti, ma la chiave per risolvere le sfide più complesse. È qui che il game design brilla davvero, con intere sezioni platform e puzzle ambientali costruiti su misura per le abilità di ogni forma, che richiedono al giocatore non solo abilità, ma anche osservazione e ingegno.

Tuttavia, proprio quando il gioco sembra toccare vette di genialità, si tira indietro. Una delle meccaniche più promettenti, legata all’interazione tra diversi tipi di roccia (ghiaccio che spegne il fuoco, roccia esplosiva che distrugge il cemento), rimane tristemente sottosfruttata. Ogni roccia ha quasi sempre una sola, ovvia interazione, precludendo quella creatività sistemica che ha reso capolavori come The Legend of Zelda: Breath of the Wild così memorabili. Mancano quei momenti “wow”, quelle epifanie ludiche che ti fanno sentire un genio.
Direzione artistica, sonoro e comparto tecnico su Switch 2
Visivamente, Donkey Kong Bananza è un’esplosione di colori saturi e vibranti. La direzione artistica è audace e d’impatto, e ogni mondo è immediatamente riconoscibile. Questa chiarezza visiva aiuta enormemente l’esplorazione, anche se nelle fasi più concitate lo schermo può diventare un carnevale tropicale quasi confusionario, con una telecamera che a volte fatica a trovare l’inquadratura migliore.
La colonna sonora, purtroppo, è il più grande passo falso. In un gioco con una co-protagonista cantante e temi musicali per ogni trasformazione, ci si aspetterebbe una soundtrack memorabile. Invece, le musiche sono generiche e nessun brano rimane davvero impresso, con alcuni loop che diventano addirittura ripetitivi. La vera ricchezza sonora proviene dagli effetti: ogni azione, ogni pugno, ogni scoperta produce un suono distinto, tattile e incredibilmente gratificante. A volte, rompendo casse e raccogliendo banane, si ha quasi l’impressione di giocare a un “Diablo tropicale”, dove ogni “cling” e ogni “crunch” è un piccolo premio per il cervello.



Tecnicamente, il gioco è solido. Su Switch 2, in modalità dock, gira a 60 fps stabili in 1080p, con qualche sporadico calo solo nelle battute finali, più caotiche. La modalità 4K, pur offrendo un’immagine più pulita, introduce una certa instabilità nel frame rate e, data la natura compatta dei livelli, non offre un vantaggio visivo così determinante. In modalità portatile, l’esperienza è fluida e impeccabile, dimostrando la grande scalabilità del motore grafico. È evidente, però, che Bananzastia già spingendo la nuova console di Nintendo quasi al suo limite, un segnale che fa ben sperare per le ambizioni future, ma che solleva qualche interrogativo sulla longevità dell’hardware.
Considerazioni finali
Donkey Kong Bananza è un gioco eccellente. È divertente, generoso nei contenuti, rifinito in ogni dettaglio e accessibile a un pubblico vastissimo, anche grazie a una modalità cooperativa ben implementata. È un’avventura che prende la formula di Super Mario Odyssey e la reinterpreta con successo nell’universo di Donkey Kong.

Tuttavia, non è quel capolavoro rivoluzionario e imperdibile che ci si aspetta da un team di questo calibro, né il titolo capace, da solo, di giustificare l’acquisto di una nuova console. È un gioco che sceglie la via della sicurezza, del perfezionamento di una formula nota piuttosto che il coraggio di una vera innovazione. Un primo, ottimo biglietto da visita per Switch 2, ma la sensazione è che il meglio debba ancora venire.