
Coalax Lancer 300: la recensione dello zaino che vuole essere uno studio di produzione mobile (mistergadget.tech)
Un design modulare con esoscheletro, aste telescopiche integrate e una batteria da 300W. È lo zaino definitivo per videomaker e fotografi, o le sue ambizioni sono forse troppo grandi? Lo abbiamo vissuto e messo alla prova per scoprirlo.
+ Power station integrata da 300W: Una vera svolta per l’autonomia sul campo, con un’ampia dotazione di porte.
+ Aste telescopiche integrate: Geniali e robuste, eliminano la necessità di portare stativi extra.
+ Costruzione robusta e impermeabile: L’esoscheletro e i materiali offrono una protezione di livello superiore.
+ Design confortevole: L’ottima distribuzione del peso lo rende comodo nonostante la massa.
– Peso considerevole: A pieno carico è uno zaino impegnativo da trasportare.
– Tasca per laptop stretta: Non adatta a modelli con schermo superiore ai 14 pollici.
– Prezzo elevato: È un investimento importante, rivolto a un pubblico professionale.
Per chi, come me, vive con la fotocamera in mano, la scelta dello zaino è quasi una questione esistenziale. È una ricerca infinita dell’equilibrio perfetto tra protezione e peso, capacità e accessibilità, versatilità e comfort. Per anni, il mercato ci ha offerto variazioni sul tema, miglioramenti incrementali a un design che, in fondo, è rimasto sempre lo stesso. Poi, arriva un prodotto come il Coalax Lancer 300 e scombina le carte, presentando una promessa tanto audace da sembrare quasi irrealizzabile: non essere solo un contenitore per la nostra attrezzatura, ma essere esso stesso parte attiva del processo creativo.
Quando Coalax mi ha contattato per farmelo provare, il mio scetticismo iniziale era palpabile. Uno zaino con una power station integrata? E con dei treppiedi estraibili? Sembrava una di quelle idee geniali sulla carta ma piene di compromessi nella pratica. Mi sbagliavo. Dopo averlo usato per diverse settimane, posso dire che il Lancer 300 non è uno zaino, è una categoria di prodotto a sé stante. È una base operativa mobile travestita da zaino.
Indice
Primo impatto: un esoscheletro che ispira fiducia
Appena tolto dalla scatola, il Lancer 300 comunica la sua filosofia. I materiali sono di alta qualità, un tessuto tecnico denso, quasi di ispirazione militare, completamente impermeabile. Le cerniere sono robuste, dotate di tiranti che ne facilitano l’uso anche con i guanti. Ma è la struttura a colpire. Lo zaino è costruito attorno a un esoscheletro rigido, una sorta di spina dorsale esterna che fa tre cose in modo egregio: protegge il contenuto da urti e compressioni come un guscio, fornisce i punti di aggancio per tutta la sua componentistica modulare e, cosa non da poco, distribuisce il peso sulla schiena in modo eccezionale, replicando il comfort dei migliori zaini da trekking.

Questa rigidità strutturale significa che lo zaino mantiene sempre la sua forma, che sia vuoto o pieno fino all’orlo, e una volta appoggiato a terra, rimane stabile e dritto, pronto a diventare la nostra base operativa.
La modularità in pratica: lo zaino che si scompone e si ricompone
La capacità totale di 35 litri è suddivisa in modo intelligente tra moduli indipendenti e staccabili. Immaginate di arrivare in una location dopo un’ora di cammino. L’idea di portare l’intero zaino da 10 kg per una breve ricognizione aerea con il drone è scoraggiante. Con il Lancer, l’operazione richiede 30 secondi: due sganci rapidi, un “clack” secco, e la borsa per droni superiore (da 6 litri) è libera, dotata di una sua tracolla e pronta a seguirvi. Al suo interno, scomparti dedicati ospitano il corpo del drone, due batterie e il radiocomando.
Lo stesso principio si applica al vano frontale, che può ospitare una borsa per accessori da 5 litri o, come vedremo, il cuore pulsante del sistema. Questa flessibilità è il vero punto di forza del design: lo zaino si adatta al workflow, non il contrario.

Lo scomparto principale posteriore da 24 litri, accessibile aprendo l’intero pannello a contatto con la schiena (una soluzione intelligente che tiene gli spallacci lontani dal fango), è ampio e ben organizzato. Nei nostri test, ha ospitato un corpo macchina mirrorless, un pesante Canon RF 28-70mm f/2, un 70-200mm f/2.8, microfoni, batterie e caricatori, con ancora spazio a disposizione. Sul pannello si trova anche una tasca per laptop. Attenzione, però: è un peccato veniale, ma la tasca è piuttosto stretta e fatica a contenere modelli più grandi di un MacBook Pro da 14 pollici.
Il game changer: aste e batteria per uno studio da campo
Se la modularità è eccellente, sono due le caratteristiche che elevano il Lancer 300 a un livello superiore. Le due aste telescopiche in metallo integrate ai lati, all’inizio, sembravano un gadget. Mi sbagliavo di grosso. Estensibili fino a 166 cm e dotate di una vite standard da 1/4″, si sono rivelate incredibilmente versatili. Ho montato una piccola luce a LED su un’asta, l’ho sollevata e angolata per creare una luce di taglio perfetta per un’intervista al tramonto, il tutto senza portare uno stativo extra. Ho montato una camera a 360° per riprese “follow-cam” mentre camminavo, tenendo le mani libere. La base stabile dello zaino le trasforma in veri e propri treppiedi.

L’altro elemento rivoluzionario è la power station da 300 watt. Si aggancia al centro dell’esoscheletro con un meccanismo solido e sicuro e offre una dotazione di porte da far invidia a un piccolo generatore: due prese di corrente AC, porte USB-C con Power Delivery fino a 100W e uscite DC. Avere la possibilità di alimentare un faretto a LED, ricaricare le batterie del drone e contemporaneamente quelle della fotocamera nel bel mezzo del nulla non è solo una comodità, è una liberazione. Per chi, come i piloti di droni, divora batterie, significa poter operare sul campo per un’intera giornata senza interruzioni. È inoltre possibile collegarla a un pannello solare opzionale per una ricarica continua, raggiungendo la totale indipendenza energetica.
La dura realtà: i limiti di un progetto ambizioso
Tutta questa innovazione, però, ha un peso, sia letterale che figurato. A pieno carico, con la power station inserita, il Lancer 300 è uno zaino pesante. Gli spallacci e la cintura lombare fanno un ottimo lavoro, ma la massa c’è e si fa sentire a fine giornata. È uno strumento professionale, non uno zaino per una passeggiata informale.

Ma il suo vero tallone d’Achille, il limite che ne definisce il target, è un altro. La batteria da 300 watt supera di gran lunga il limite di 100-160 Wh imposto dalle normative aeronautiche internazionali (FAA/EASA) per il trasporto in aereo. Questo significa che non potrete portare la power station con voi in volo, né in stiva né come bagaglio a mano. Per il creator che viaggia in aereo, questo trasforma la caratteristica più distintiva dello zaino in un costoso fermacarte da lasciare a casa, una limitazione fondamentale di cui essere assolutamente consapevoli.
Considerazioni finali: a chi si rivolge, dunque, il Lancer 300?
Il Coalex Lancer 300 non è per tutti. Non è per il fotografo amatoriale, né per il videomaker che viaggia costantemente in aereo. È uno strumento di nicchia, quasi estremo, pensato per un profilo di utente ben preciso: il “creator-avventuriero”. Il documentarista che lavora in location remote, il pilota di droni che necessita di autonomia per un’intera giornata, il videomaker “one-man band” che deve essere agile ma autosufficiente.

In definitiva, il Lancer 300 non va giudicato come un semplice zaino, ma come una piattaforma di produzione mobile. È un prodotto che ha dei compromessi importanti, ma le sue innovazioni sono talmente uniche e ben realizzate che, per quella specifica nicchia di professionisti, potrebbe davvero essere la soluzione definitiva, un prodotto geniale e senza veri rivali.