
La truffa più famosa arriva sul tuo cellulare (mistergadget.tech)
Qualche mese fa, su WhatsApp, c’è stato un vero e proprio boom di messaggi da numeri sconosciuti che promettevano cifre da capogiro in cambio di una collaborazione semplicissima: un like ai video di YouTube, su Facebook, Instagram ecc.
Bastava mettere “mi piace”, mandare uno screenshot e, almeno sulla carta, arrivavano 5 euro. Peccato che quella che sembrava un’offerta di lavoro da sogno fosse in realtà una trappola ben strutturata per prelevare dati sensibili o, peggio ancora, per mettere le mani sul conto in banca.
Ora, la stessa identica truffa è ricomparsa su Telegram, ma con qualche ritocco che la rende ancora più subdola e difficile da smascherare. Il problema è infatti che i soldi arrivano per davvero e quindi si crea un rapporto con l’altro, finendo poi in una vera e propria trappola.
La truffa spopola anche su Telegram: non accettare quei soldi
A differenza di WhatsApp, dove c’è possibilità di vedere almeno il numero di telefono, Telegram nasconde l’identità dell’interlocutore. Questo rende infinitamente più complicato capire chi c’è dall’altra parte. La truffa, poi, non ti porta fuori dalla piattaforma, ma inizia e si sviluppa lì, prendendo subito un tono molto più “professionale” e credibile.

La dinamica è quella che abbiamo imparato a conoscere: ti propongono una collaborazione part-time, ben pagata, dove devi solo mettere like ai video, foto, post per scopi commerciali e inviare una prova per ricevere il compenso immediato. Ma la vera novità sta nel contesto che i truffatori costruiscono attorno.
All’interno dei gruppi e delle chat Telegram coinvolte, trovi un sacco di profili finti, ma con nomi italiani e anche credibili tipo “Sofia Bianchi” o “Aurora Romano”. Questi finti utenti partecipano attivamente alla conversazione, usano un linguaggio formale e ricercato, e tirano fuori frasi tipo: “Sono stato pagato e sono entrato ufficialmente a far parte della task force di Telegram” o “Ho terminato la missione!”. Tutto questo serve a creare un’atmosfera di finta affidabilità e pressione sociale, facendoti credere che sia tutto vero e che tu stia perdendo un’occasione.
Anche su Telegram, il fine ultimo dei truffatori è sempre lo stesso: convincerti a fornire i tuoi dati personali e, soprattutto, il tuo IBAN o un accesso al tuo conto bancario per ricevere i fantomatici pagamenti. Spesso, ti indirizzano verso servizi specifici come Revolut, completando il tutto con “tutorial” creati ad hoc.
Come già visto su WhatsApp, si evitano accuratamente soluzioni sicure come PayPal, tirando fuori scuse assurde del tipo “ci sono problemi tecnici con PayPal” o “non garantisce il primo pagamento”. Questo perché ovviamente il sistema ha delle tutele specifiche.